Quando la pandemia è scoppiata abbiamo visto la garanzia della tutela della salute collettiva prevalere sugli interessi economici e gli stati prendere decisioni che forse solo qualche giorno prima avremmo ritenuto impossibili. Le produzioni non ritenute essenziali si sono fermate, abitudini e ritmi di vita sono stati rivoluzionari da nuove regole che hanno visto ridursi al minimo gli spostamenti consentiti.

Ora dobbiamo avere la forza e la determinazione di sovvertire quella che era considerata la normalità di un modello di sviluppo, prendere consapevolezza del fatto che la pandemia che ha travolto la nostra quotidianità era stata prevista e non da qualche oscuro profeta, ma da chi dal mondo scientifico stava da tempo spiegando che questa era una delle conseguenze possibili della costante erosione di biodiversità. E allora da lì dobbiamo avere la forza di ripartire, dalla tutela, anzi dalla promozione attiva, della biodiversità.

Un cambio di rotta verso un futuro ecologico, duraturo e giusto, da perseguire attraverso una serie di azioni non più eludibili e rimandabili con al centro la tutela di ecosistemi e natura. È proprio questo quello che abbiamo chiesto al premier Giuseppe Conte insieme alle associazioni Cittadini per l’aria, Enpa, Federbio, Greenpeace, Isde, Italia Nostra, Legambiente, Lipu, Marevivo, Mountain Wilderness, Pronatura, Touring Club Italiano, Wwf Italia. Serve un cambio di rotta deciso e immediato che non può non chiamare in causa la politica, il Governo e da questa consapevolezza è spinta la lettera che chiede che la ripresa dopo la crisi da Covid-19 avvenga secondo i principi del Green deal, in un percorso che indirizzi chiaramente investimenti e trasformazioni virtuose delle filiere.

E in questa direzione vanno le richieste avanzate al Governo. Tra queste innanzitutto quella di dare pieno supporto, in sede di Consiglio europeo, all’ambiziosa Strategia europea per la biodiversità 2020-2030, stabilendo obiettivi attuali, misurabili e giuridicamente vincolanti e far sì che le altre politiche europee e nazionali si allineino alla Strategia. E proprio nell’ambito di quest’ultima, trova piena coerenza la richiesta di impegno, in una importante opera di restauro ambientale volta anche a creare quelle difese naturali che rappresentano la prima e fondamentale forma di prevenzione per mitigare l’impatto di future (e non improbabili quanto vorremmo) epidemie e cataclismi naturali legati al rischio idrogeologico.

Sul tema della produzione alimentare, si chiede di promuovere una riforma della Politica agricola comune (Pac) sostenibile a livello ambientale e sociale, anche in base ai contenuti della Strategia Farm to fork, ma anche che le azioni a favore della conservazione della biodiversità rientrino tra quelle ammissibili del Recovery Fund. Un percorso che gli Stati generali dell’economia appena conclusi hanno sottolineato come necessario e che però, deve ora tradursi in atti concreti e non essere contraddetto da scelte non sostenibili di politica generale. […]

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FONTE


TESTATA: La Stampa
AUTORE: Giorgia Canali
DATA DI PUBBLICAZIONE: 28 giugno 2020