Una risorsa non rinnovabile che va protetta: per questo Cambia la terra ha organizzato la carovana di monitoraggio sul contenuto di sostanze chimiche di sintesi nei terreni agricoli

 Roma, 4 dicembre 2021 – Non lo sappiamo, ma sotto ai nostri piedi c’è una buona parte della soluzione alla necessità di diminuire la quantità di emissioni di gas serra in atmosfera. Secondo quanto afferma la Fao, infatti, “un suolo in salute immagazzina più carbonio di quello contenuto nell’atmosfera e nella vegetazione messe assieme”*. Piantare alberi non è quindi l’unico modo per contrastare la crisi climatica: per aumentare le capacità di diminuire i gas serra in atmosfera, occorre curare i terreni, a partire da quelli agricoli. È quanto rileva anche la IUCN, l’Unione internazionale per la conservazione della natura, che calcola che basterebbe un aumento dello 0,4% del contenuto di carbonio organico a livello globale per sottrarre dall’atmosfera il 10% delle emissioni di carbonio prodotte dall’uomo.

Conservare un suolo fertile è quindi centrale per il la lotta al cambiamento climatico: è quello che si vuole sottolineare in occasione della Giornata mondiale del suolo di domani, 5 dicembre. Ma per mantenere questa risorsa non rinnovabile (ci vogliono da 100 a 1.000 anni per creare uno strato di appena un centimetro di suolo fertile) occorre avviare un complesso di politiche per favorire lo sviluppo dell’agroecologia e particolarmente del biologico. È per alzare il velo di scarsa conoscenza di quello che accade sotto i nostri piedi che il progetto Cambia la terra, voluto da FederBio assieme a Legambiente, Lipu, medici per l’Ambiente, Slow Food e WWF, che – ha organizzato la campagna “La compagnia del suolo” un tour per i campi di nove regioni italiane per verificare la quantità di pesticidi contenuti nei terreni biologici e in quelli convenzionali. I risultati della campagna verranno presentati a inizio marzo, dopo che laboratori indipendenti avranno verificato la presenza di diversi inquinanti a confronto.

“L’obiettivo della campagna – spiega la presidente di FederBio Maria Grazia Mammuccini in occasione della Giornata Mondiale del suolo – è quello di mettere a fuoco una delle cause di impoverimento dei suoli agricoli. La presenza di sostanze chimiche di sintesi è tra i fattori che maggiormente danneggiano la microfauna e la microflora dei suoli agricoli: senza la sostanza organica naturale i terreni diventano meri supporti inerti, dando vita a una infinita spirale di impoverimento della risorsa. Più pesticidi chimici di sintesi significano maggiore impoverimento dei terreni, e su terreni ‘poveri’ occorre spargere una grande quantità di fertilizzanti che a loro volta utilizzano composti chimici che desertificano i suoli”.

Così l’agricoltura, invece di contribuire all’assorbimento di gas serra, contribuisce all’emissione di CO2: solo l’uso del suolo è responsabile a livello globale del 10% delle emissioni, mentre l’intero settore agroalimentare produce circa un quarto delle emissioni globali. Un trend che occorre invertire velocemente, se si vuole arrivare a un’economia decarbonizzata al 2050: restaurare la vitalità dei suoli, così come succede piantando alberi, permette l’assorbimento della CO2 dall’atmosfera.

“La risposta più immediata è sicuramente la scelta biologica”, aggiunge Mammuccini. “Peccato che, mentre a parole non si fa che parlare di lotta all’effetto serra e di lancio di pratiche agricole sostenibili, nei fatti, le risorse della Pac, la Politica agricola comunitaria, non considerano realmente gli interventi ambientali. Nel piano Strategico nazionale, ora come ora, il biologico, l’unica agricoltura certificata e sottoposta a controlli, viene presa in considerazione solo in maniera marginale. In sostanza, anche qui, un grande bla bla bla”.

La Convenzione delle Nazioni Unite contro la desertificazione ha calcolato che “invertire la rotta per quanto riguarda il degrado dei suoli fertili richiede un investimento di circa 2 miliardi a livello globale. Nulla in confronto agli oltre 619 miliardi di dollari di sussidi pubblici che vanno all’agricoltura ogni anno”. Ma ancora oggi, la nuova Pac appena approvata in sede europea, favorisce l’agricoltura industrializzata e le pratiche convenzionali. Siamo insomma distanti dalle linee guida dettate dalla stessa Commissione europea che nella Strategia Farm to Fork ha indicato l’obiettivo del 25% di campi bio da qui al 2030: un obiettivo che sia la Pac che la bozza di piano strategico nazionale per l’agricoltura allontanano.

Proprio per sostenere la vitalità del suolo e sensibilizzare l’opinione pubblica sull’importanza di questa risorsa ‘viva’, a partire dall’estate scorsa la Compagnia del Suolo ha fatto tappa in numerose località della penisola e ha eseguito campionamenti in 13 zone, sia in campi biologici che in campi convenzionali. I risultati di questo monitoraggio dimostrativo verranno appunto presentati nel prossimo mese di marzo.

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