Conosco personalmente molti produttori italiani, europei e di altre parti del mondo che hanno fatto dell’agricoltura biodinamica il faro delle loro scelte produttive. Definirla una pratica esoterica o un’aberrazione normativa da ciarlatani mi sembra un giudizio pressapochista e sintomo di non conoscenza. Eppure, sono proprio queste le parole con cui alcuni scienziati, poco inclini al dialogo e con la certezza di essere in possesso della verità assoluta, hanno definito il riferimento all’agricoltura biodinamica, nel più ampio disegno di legge sul biologico approvato in Senato, lo scorso 20 maggio.

Ora, a causa del polverone mediatico sollevato da queste accuse, si teme che la Camera stravolga il testo di legge, allungando ulteriormente un riconoscimento normativo atteso da più di 15 anni. La situazione che si è generata è sintomo di un vecchio paradigma riduzionista duro a morire, che vede la realtà a compartimenti stagni. E, badate bene, io sono tutto fuorché un oppositore del metodo scientifico. Penso però che questo debba essere applicato con un’attenta dose di buon senso e non con una fiducia – quasi mistica – che possa funzionare sempre e in ogni ambito. Lo scenario agricolo mondiale attuale, con la chimica di sintesi che dalla Rivoluzione Verde in poi è diventata la prassi del ciclo produttivo del cibo, è un esempio lampante delle drammatiche conseguenze di quando ciò avviene. Pensare di poter abusare di input artificiali esterni per perseguire l’aumento delle rese agricole senza incidere negativamente sull’ecosistema, la sua biodiversità e il clima non è stato altro che uno specchietto per le allodole. Nel breve periodo è infatti stato un rimedio valido al problema della fame, abbattendo i costi, aumentando le quantità e rendendo l’attività agricola meno incerta. Sennonché, dopo decenni di applicazione indiscriminata di un modello intensivo e industriale, ci troviamo a fare i conti con un impoverimento della flora e della fauna, suoli degradati, falde acquifere e aria inquinate.

D’altronde anche le esigenze odierne sono cambiate e mi chiedo in quale mondo vivano gli scienziati anti-biologico e biodinamico, quando affermano che l’interesse nazionale è ancora l’aumento della produttività. In una società dove il sistema alimentare inquina, spreca e ammala, mi sembra molto chiaro che la prerogativa non è più produrre di più con meno, ma meglio. Nel rispetto della Terra attraverso pratiche rigenerative non energivore o depauperanti. Di coloro che la coltivano, nella libertà di compiere le proprie scelte, riconosciuti e tutelati anche dal punto di vista normativo. Di tutti noi cittadini che abbiamo il diritto a un cibo sano e che soddisfi il fabbisogno nutrizionale e non solo quello energetico. Un cibo corredato di un’etichetta trasparente che spieghi come è coltivato e quali sostanze sono state impiegate. Sembra strano che chi coltiva in modo naturale è sottoposto a controlli e lo deve dichiarare, mentre chi usa chimica a manetta non è soggetto a nessuna verifica. Quindi, miei cari scienziati scettici, non si tratta di favorire gli agricoltori biologici e biodinamici perché ci stanno più simpatici. Bensì di disporre di un modello, anche normativo, alternativo a quello convenzionale.

Questa è anche la direzione indicata dall’Unione Europea che individua il 25% della superficie agricola coltivata a biologico entro il 2030 (rispetto al 7% del 2020), come un obiettivo cardine per rendere il sistema agroalimentare più sostenibile e favorire la transizione ecologica. La modernità agricola è nelle mani di coloro che, lavorando la terra, coniugano i vantaggi offerti dalle innovazioni tecnologiche con i saperi e le pratiche ancestrali. Garantendo il rispetto delle esigenze ecosistemiche. Gestendo le risorse naturali e limitando le esternalità. Assicurando una produzione adeguata in qualità e quantità. Un ambito d’azione che deve essere tutelato e rispettato perché in definitiva è il lavoro contadino che sfama il mondo, e non la scienza, che deve quindi essere supporto e non egemonia. […]

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FONTE


TESTATA: La Stampa
AUTORE: Carlo Petrini
DATA DI PUBBLICAZIONE: 14 giugno 2021