Nell’ambito dell’iniziativa presentata anche la XXXII rassegna-degustazione nazionale dei vini biologici e biodinamici di Legambiente

L’agricoltura biologica rappresenta un modello di successo, apripista per l’intero settore agroalimentare e capace di trainare filiere e comparti verso la transizione. In questo scenario, quello vitivinicolo risulta uno degli ambiti più sfidanti e, allo stesso tempo, performanti. Negli ultimi dieci anni, le superfici di vite coltivate con metodo biologico sono aumentate di oltre il 145%, le produzioni di vini biologici in Italia sono cresciute del 110% e il trend pare non essere destinato a registrare battute di arresto. Dato altrettanto interessante riguarda il fatto che un italiano su due, secondo i dati di Nomisma-Wine Monitor, predilige i vini bio rispetto a quelli tradizionali. Sempre Nomisma, certifica che il 90% delle aziende prevede che nei prossimi due anni i consumatori mostreranno un crescente interesse per i vini bio e sostenibili. Con 136 mila ettari di vite coltivata con metodo biologico, l’Italia si conferma tra i leader mondiali nella produzione di vino biologico, detenendo il primato di superficie vitata bio: il 19% sul totale della viticoltura nazionale.

I dati sono inconfutabili: il settore vitivinicolo, strategico non solo per l’intero made in Italy, ma anche per una piena e concreta rivitalizzazione sociale, economica e ambientale di aree marginali, collinari e montane, custodi delle migliori tradizioni enogastronomiche del Bel Paese, è già in transizione. Altrettanto chiara appare l’urgenza di sostenere i percorsi di transizione, in linea con il Green Deal, tanto necessari per il Pianeta quanto per la sopravvivenza del comparto nel suo complesso.

Di questo si è parlato questa mattina nell’ambito del panel “La sfida del biologico, il futuro dell’agricoltura”, promosso da Legambiente, FederBio e Slow Food per lanciare la XXXII edizione della rassegna-degustazione nazionale dei vini biologici e biodinamici di Legambiente, e organizzato in occasione di Slow Wine, la fiera internazionale di Slow Food dedicata al vino buono, giusto e pulito, a cui hanno partecipato Barbara Nappini, presidente Slow Food; Maria Grazia Mammuccini, presidente FederBio; Stefano Ciafani, presidente Legambiente; Giuseppe Ferroni, presidente commissione esaminatrice rassegna-degustazione nazionale dei vini biologici e biodinamici di Legambiente (Università di Pisa); Angelo Gentili, responsabile agricoltura di Legambiente.

“La rassegna-degustazione dei vini biologici e biodinamici che Legambiente organizza da trentadue anni in collaborazione con l’Università di Pisa – ha dichiarato Stefano Ciafani, presidente Legambiente – coinvolge numerosi produttori e, oltre a quello di premiare i migliori vini biologici e biodinamici del Paese, ha lo scopo di sollecitare le istituzioni a lavorare affinché la sostenibilità ambientale del settore vitivinicolo vada di pari passo con quella economica. Mettere a disposizione misure e strumenti attraverso cui fare fronte alle conseguenze della crisi climatica e sostegni concreti a chi sceglie di imboccare la strada della sostenibilità, perseguendo gli obiettivi stabiliti dall’Europa con le strategie From farm to fork e Biodiversity 2030 è urgente e fondamentale per dare basi solide alla svolta bio. La percentuale di superficie vitata italiana coltivata con metodo biologico è la più alta in Europa e nel mondo. Una buona pratica made in Italy da capitalizzare e moltiplicare attraverso misure strutturali. Sostegno alla buona agricoltura, prevenzione e adattamento ai cambiamenti climatici siano priorità nelle agende dei decisori.”

“La rassegna di Legambiente è un’iniziativa importante che valorizza le migliori etichette biologiche e biodinamiche del nostro Paese – ha sottolineato Maria Grazia Mammuccini, Presidente FederBioe che da alcuni anni anche FederBio ha contribuito a divulgare. Il biologico è il metodo di riferimento per il vino buono, pulito e giusto, in grado di unire il valore dell’identità territoriale delle denominazioni d’origine a quello della sostenibilità del biologico, fondamentale per la tutela della fertilità del suolo, della biodiversità e per il contrasto al cambiamento climatico. Tutto ciò è un punto di forza, non solo per favorire la transizione ecologica, ma anche per contribuire a rafforzare il mercato. Infatti il vino biologico Made in Italy è particolarmente ricercato anche all’estero e attualmente rappresenta il 19% dell’esportazione globale di agroalimentare bio. E’ quindi, sempre più evidente che il futuro dell’agricoltura debba guardare al biologico e all’agroecologia, per la capacità di produrre benefici, per l’ambiente, per le persone e per la valorizzazione dei territori rurali, creando un’economia sana e nuova occupazione per le donne e i giovani. Infine, non bisogna dimenticare che, grazie ai costanti investimenti del biologico in ricerca e innovazione, in particolare nella viticoltura, si generano soluzioni innovative, alternative alla chimica, utili anche al resto dell’agricoltura”.

 “Se davvero si crede che l’agricoltura italiana sia, com’è vero, un’agricoltura di qualità, – ha dichiarato Barbara Nappini, presidente di Slow Food Italia – dobbiamo definire cosa sia la qualità. Certamente l’Italia produce alimenti e vini eccellenti, apprezzati in tutto il mondo e che portano con sé il fascino del Made in Italy. Siamo la nazione dell’UE con la più ampia superficie agricola dedicata al biologico, 17,5% (la media europea è del 9%), e la seconda al mondo, dietro alla Germania, per estensione coltivata con metodi biodinamici: 11.524 ettari. Il 19% della viticultura italiana è in biologico certificato, e oltre il 50% delle aziende presenti alla Slow Wine Fair sono biologiche, biodinamiche e in conversione. Questo significa due cose: da una parte che la qualità così apprezzata all’estero è anche frutto di una buona agricoltura, di un’agricoltura attenta alla relazione con l’ambiente e rispettosa della fertilità del suolo, della biodiversità e del benessere degli ecosistemi; dall’altra che l’agricoltura biologica e in generale l’agricoltura che lavora insieme e non contro la Natura, può essere, anche economicamente sostenibile. Un’altra agricoltura è possibile, oltre che urgente. Allora servono politiche che la sostengano: abbiamo bisogno di molti più contadini in Italia, abbiamo bisogno di molta più agricoltura biologica e di agroecologia. I responsabili politici devono valorizzare e sostenere questi percorsi, supportare il lavoro e la vita degli agricoltori – anche come fornitori di servizi ecosistemici -, indirizzare la ricerca scientifica e tecnologica verso un modello agricolo sostenibile che guardi al futuro, e tutelare i prezzi della materia prima di qualità prodotta in collaborazione con la Natura!”

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