La Senatrice Cattaneo nel suo articolo pubblicato il 24 agosto scorso si chiede cosa ne sarebbe della coltivazione del pomodoro da industria in Italia se venisse vietato l’impiego dell erbicida glifosato, riportando la risposta del titolare di una società di servizi che utilizza questo prodotto.Un parere certamente non ideologico ma commerciale, comprensibile dal punto di vista di chi l ha suggerito. Comprensibile perché, per gli agricoltori, il prezzo contrattato per il pomodoro da industria in Italia da anni fatica ad arrivare a 9 centesimi di euro al chilo e dentro questo prezzo ci deve stare tutto, compreso il lavoro del terzista che dunque è preoccupato di fare la fine dei lavoratori migranti, costretti alla nuova schiavitù del caporalato. Perché i conti in tasca agli agricoltori italiani non tornano più e non solo per quelli che coltivano pomodoro da industria, a conferma che il sistema è profondamente malato e da rifondare,come ci ha ricordato recentemente anche Papa Francesco. Il problema della progressiva insostenibilità economica del sistema agricolo convenzionale è dunque noto e chiaro, così com’è evidente qual è l unica soluzione possibile, ovvero aumentare il valore del prodotto, investendo sulla sostenibilità, qualità e distintività delle produzioni. Anche perché cercare di ridurre ulteriormente i costi di produzione volendo conciliare legalità, sostenibilità ambientale e qualità del cibo è ormai impossibile. Una delle scelte percorribili per dare valore alle produzioni agricole è indubbiamente la certificazione di prodotto biologico, secondo la normativa europea, che stanno adottando sempre più produttori anche di pomodoro da industria, con ormai quasi il 10% della superficie coltivata certificata biologica e in continua crescita, mentre la superficie coltivata a pomodoro da industria non aumenta da anni proprio per l insostenibilità economica. Il prezzo riconosciuto ai produttori biologici per il pomodoro da industria è di almeno 13 centesimi al chilo anziché 9, anche questo sicuramente troppo basso,ma checomunque segna una differenza importante nella giusta direzione per tutelare davvero gli agricoltori italiani e assicurare un futuro a loro e quindi anche la sicurezza alimentare per l Italia. Per questo è necessario un approccio innovativo come indica la Commissione Europea nella strategia “Farm to Fork”, che vede nella transizione verso sistemi alimentari sostenibili anche un enorme opportunità economica in grado di corrispondere alle aspettative dei cittadini che, in continua evoluzione, innescano cambiamenti significativi nel mercato alimentare. Occorre perciò guardare oltre il modello di agricoltura intensiva e l agricoltura biologica e biodinamica stanno diventando sempre più il punto di riferimento anche perché rendono i coltivatori e gli allevatori protagonisti della costruzione di un nuovo paradigma basato sulla qualità alimentare, sul rispetto dell ambiente, sul riconoscimento del giusto prezzo e sulla salvaguardia della salute. Ecco perché il rilancio del settore agroalimentare non può che passare dall’agroecologia. Stupisce, quindi, che l’Italia non si stia allineando con il Green Deal europeo e che la legge sull’agricoltura biologica, già approvata a larga maggioranza alla Camera, attenda ancora il passaggio finale in Senato. Proprio mentre il mercato interno, mondiale e le politiche dell Unione europea vanno invece nella direzione della sostenibilità. L’Europa con il Green Deal ha già adottato una vera e propria svolta strategica, investendo sulla transizione al biologico attraverso le recenti strategie “Farm to Fork” e sulla Biodiversità, che puntano triplicare entro il 2030 le superfici bio e di ridurre del 50%l uso di pesticidi, facendo dell’agroecologia l’asset strategico delle politiche agricole europee. Non fosse altro perché un enorme incognita che minaccia il futuro della nostra agricoltura è il cambiamento climatico, che ha reso evidente che l obiettivo fondamentale non può più essere quello di massimizzare le rese produttive per unità di superficie,ma puntare al mantenimento della fertilità del suolo per favorire rese più stabili possibili nel tempo, rendendo colture e allevamenti “resilienti” a siccità ed eccesso di precipitazioni e ad andamenti termici del tutto inediti. In Italia il biologico rappresenta la forma di agricoltura che ha già raggiunto il 15% delle superfici coltivate, con punte anche oltre il 30%in alcune Regioni e fino al 70% in alcuni areali vocati per prodotti di qualità come i vini o nelle aree interne degli Appennini, che sono una parte importante del territorio rurale e delle nostre comunità e dunque anche dell economia nazionale. È su questa agricoltura e su questi territori che l’Unione europea nei prossimi anni investirà ingenti risorse pubbliche, di certo non per utilizzare ancora di più l erbicida glifosato. Continuare a impegnarsi per il futuro di questo erbicida non produrrà alcun vantaggio per lo sviluppo della nostra agricoltura. Diversamente continuare a bloccare la legge sull’agricoltura biologica in Senato, a quasi due anni dall’approvazione a larghissima maggioranza alla Camera, può solo contribuire a far perdere all’Italia il primato di Paese leader in Europa in questo settore.

Maria Grazia Mammuccini

Presidente FederBio

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FONTE


TESTATA: Il Messaggero
AUTORE: Maria Grazia Mammuccini
DATA DI PUBBLICAZIONE: 14 settembre 2020