Il Green Deal europeo non ha dimenticato l’agricoltura: Bruxelles ha varato, lo scorso 25 marzo, un capitolo del Recovery Plan dedicato alla svolta biologica Europea. E ora si aspetta che i singoli piani nazionali, che hanno il compito di declinare la Pac nelle realtà territoriali, ne recepiscano obiettivi e metodi. Ma l’Italia, che pure nel biologico – stima Nomisma – produce vendite per 4,3 miliardi sul mercato interno ed è il secondo esportatore mondiale dietro gli Usa, nell’attuale versione del Pnrr, non ne fa quasi menzione. I tempi sono stretti, il termine non è il 2050 della transizione energetica, ma il 2030: tra dieci anni giusti.

Per quella data l’Ue, attraverso il progetto Farm to Fork, vuole che i 27 Stati portino al 25% la superficie agricola coltivata in bio: si tratta di triplicare la quota attuale che è dell’8%. L’Italia parte con metà strada già fatta, perché ha una quota del 16%, il doppio della media Ue. Ma il piano europeo pone altri tre obiettivi: ridurre del 50% l’uso dei pesticidi e degli antibiotici e del 20 % quello dei fertilizzanti chimici. «Tutto questo significa mettere l’agricoltura biologica al centro di un più vasto programma di conversione in termini ecosostenibili dell’agricoltura europea – spiega la presidente di FederBio, Maria Grazia Mammuccini – perché è ovvio che il 25% di coltivazioni totalmente biologiche dell’obiettivo non bastano per dimezzare l’uso di pesticidi e fertilizzanti: si tratta di rendere più sostenibile anche l’agricoltura tradizionale. E per farlo si dovrà necessariamente partire dai risultati delle ricerche nate in ambito biologico. C’è uno straordinario filone di Ricerca & Sviluppo su cui investono e lavorano anche diverse multinazionali, nel campo della chimica verde che stanno dando ottimi risultati. Come gli studi sul microbiota del suolo per individuare funghi, microorganismi e batteri che possono agire a protezione delle colture».

Cifre che per ora non ci sono, devono appunto venire dai piani nazionali, come quello a cui sta ora lavorando il premier Draghi e il ministro dell’Agricoltura Patuanelli. Ci sono altri indirizzi di spesa, come l’obbligo di destinare al biologico altri fondi Ue, come quelli stanziati per la promozione dei beni alimentari europei. La parte sostanziosa, però, è nei miliardi del Next Generation Eu. Per l’Italia è una grande opportunità, ma il Belpaese deve superare in fretta, anche qui, storici ritardi. «Una legge che disciplini in modo efficace il biologico, fissando termini e standard, tipologie e certificazioni, controlli e sanzioni – spiega ancora Mammuccini – è ferma da dieci anni. Era arrivata all’ordine del giorno in Senato alla fine della scorsa legislatura, ma non se ne è fatto nulla. Poi, l’attuale Parlamento, l’ha ripresa e portata all’approvazione alla Camera a fine 2018. Successivamente è passata in Senato e da quasi tre anni è ferma lì». […]

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FONTE


TESTATA: Affari & Finanza
AUTORE: Stefano Carli
DATA DI PUBBLICAZIONE: 12 Aprile 2021