Da Firenze al paese di 54 abitanti, crescono le adesioni alla rete europea “Comuni liberi da pesticidi”

Il più piccolo è Bergolo, un Comune di appena 3 chilometri quadrati con 54 abitanti, arrampicato su una collina dell’alta Langa. Il più grande è Firenze. Fanno parte della rete di un centinaio di enti locali italiani che hanno aderito o stanno per aderire al progetto europeo “Comuni liberi da pesticidi”. Un gruppo che tende ad allargarsi perché la città metropolitana Roma capitale ha dichiarato l’intenzione di firmare a breve un protocollo per sviluppare al massimo le alternative all’uso della chimica di sintesi nei campi e nelle aree verdi urbane e per dare spazio crescente alle mense biologiche nei 121 comuni dell’area.

I protagonisti di questa sfida si sono trovati a Roma, a Palazzo Valentini, per la consegna dei premi assegnati a 10 Comuni amici del bio. E per ampliare il database sulle buone pratiche in costruzione su Cambia la Terra, la campagna promossa da Federbio e da cinque associazioni (Legambiente, Lipu, Medici per l’ambiente, Slow Food, Wwf).

“La nostra battaglia contro i pesticidi è soprattutto una battaglia per rilanciare il nostro paese”, spiega Mario Marone, sindaco di Bergolo. “Questa è quella che Beppe Fenoglio e Cesare Pavese chiamavano la Langa della malora. Una terra povera che ora la possibilità di rinascere partendo da un’agricoltura che mantiene le tradizioni e il legame con la natura. Ci davano per spacciati ma oggi lavoriamo con le fondazioni bancarie per progetti di tutela degli equilibri ecologici e di rilancio dell’apicoltura. Da noi vengono gli studenti dell’Erasmus a raschiare con la pala le erbacce tra le pietre dei selciati, per recuperare le strutture dell’archeologia rurale”.

Trovare tecniche alternative ai pesticidi di sintesi non riguarda infatti solo i campi ma anche le aree urbane. “Noi facciamo il diserbo a mano dal 2017 e abbiamo dato a ogni famiglia un prodotto biologico da mettere nei ristagni d’acqua per eliminare le zanzare”, racconta Sondra Coizzi, sindaca di Occhiobello, uno dei paesi sul delta del Po. “Ha funzionato, ma bisogna investire in ricerca perché arrivano altre specie di zanzare che richiedono un affinamento delle tecniche e il diserbo a mano è più costoso”.

Ma se le alternative alla chimica di sintesi costano di più potranno veramente essere rilanciate mentre una crisi si succede a un’altra?

“Bisogna fare i conti per bene”, risponde Maria Grazia Mammuccini, presidente di FederBio. “Innanzitutto si tratta di inserire nel bilancio i risparmi sanitari e ambientali che derivano dalla riduzione dei rischi prodotti dalla chimica di sintesi, da sostanze che causano danni al nostro corpo e agli ecosistemi. E poi è vero che con il bio il lavoro materiale aumenta, ma si tratta di un lavoro che ha ricadute positive sul territorio, mentre la guerra in Ucraina ha dimostrato l’inaffidabilità economica di pesticidi e fertilizzanti di sintesi. Se smettessimo di premiarli con l’Iva agevolata utilizzando il risparmio per compensare i costi della certificazione bio i conti tornerebbero meglio”.

Sulla frontiera del riequilibrio fiscale si è schierato il Comune di Tollo (Ch) che ha deciso di ridurre del 20% la Tari per gli agricoltori biologici. Ci sono poi i Comuni che investono sulle mense scolastiche, come Bologna e Spoleto: menù biologico, prodotti Dop e Igp, risparmio energetico delle cucine, riduzione dei rifiuti, ma anche mezzi di trasporto poco inquinanti e piattaforme distributive nell’ambito della filiera corta. […]

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FONTE


TESTATA: The Huffington Post
AUTORE: Antonio Cianciullo
DATA DI PUBBLICAZIONE: 30 marzo 2023