Un giro d’affari di 2,6 miliardi, in crescita dell’8% rispetto al 2013. Tanto vale il mercato biologico italiano nel 2014 stando alle stime che FederBio, Federazione italiana agricoltura biologia e biodinamica, ha anticipato ad Adnkronos in attesa dei dati definitivi di febbraio. “Un mercato in crescita”, rileva il presidente della federazione Paolo Carnemolla. Ma, allo stesso tempo, “sottosviluppato rispetto alle potenzialità che avrebbe”.rn”Dal 2008 – sottolinea Carnemolla all’Adnkronos – il settore biologico, in totale controtendenza rispetto al resto dell’agroalimentare, continua a crescere e abbiamo previsioni che questa crescita continuerà. E i valori saranno anche più elevati sui mercati stranieri in particolare in Europa, soprattutto Germania, Stati Uniti e anche Asia”. Allo stesso tempo però si tratta di “un mercato sottosviluppato rispetto alle potenzialità che avrebbe”. “Le indagini – osserva – dicono che più del 30% dei consumatori sarebbe intenzionato ad acquistare prodotti biologici ma da Firenze in giù e molto difficile trovarne nella rete vendita. Il consumo è fortemente concentrato al Centro nord, per non dire al Nord”. Pesano, spiega Carnemolla, “la scarsa presenza di negozi specializzati in logica moderna e assortimenti spesso modesti”.rnTornando ai dati, si registrano performance differenti nei diversi canali di vendita. Secondo le stime di Assobio, associazione nazionale delle imprese di trasformazione e distribuzione che aderisce a FederBio, l’andamento migliore (+25,8%) è quello dei discount, seguiti da ipermercati (+11,5%) e supermercati (+9,9%). In termini assoluti, però, la quota più importante di mercato è detenuta dai negozi biologici con un valore di oltre 1,1 miliardi e una crescita del 7,5% sull’anno precedente.rnSegno negativo, invece, per il comparto bio nei negozi tradizionali (-18%) e per il canale ‘libero servizio’, cioè vendite dirette in azienda, nei mercatini o tramite abbonamento, che registra un calo dell’1,5%. Da evidenziare, però, che per sua stessa natura quest’ultimo è un settore più difficile da monitorare.rnLa somma di tutti i comparti e del ‘food service’ (mense e ristoranti) porta il totale delle vendite a 2,626 miliardi mentre il valore dell’export è pari a 1,060 miliardi. Il giro d’affario complessivo, quindi, vola a oltre 3,6 miliardi.rnDifferenze nell’andamento delle vendite si registrano anche per le diverse categorie merceologiche. L’ortofrutta, nell’anno appena trascorso, ha perso circa il 2,5% di fatturato nella grande distribuzione (dato che incide per un significativo 10% sull’andamento delle vendite). Un risultato sul quale influiscono l’andamento stagionale e le scelte di vendita. Ha pesato “l’anno pessimo sul fronte dell’andamento climatico ma rimane il fatto che l’assortimento è molto ridotto”, spiega il presidente di FederBio. Oltretutto, le politiche di vendita, con prodotti solo confezionati e poche categorie merceologiche, “incidono anche sui prezzi” perché “l’imballaggio ha un costo e i volumi limitati sono indice di costi fissi elevati” che pesano su quello finale del prodotto, sottolinea.rnPer le altre categorie di prodotto, buoni risultati si registrano per biscotti (+14%), passate e polpe di pomodoro (+14.1%) e baby food (+20%). Assobio rileva anche un buon andamento di prodotti con ricette vegetariane e vegane a base di soia e seitan, introdotti negli ultimi mesi dell’anno nella grande distribuzione. Bene anche i vini.rnIl profilo del consumatore di prodotti biologici è rimasto lo stesso negli anni: residente al Nordovest e al Nordest, in area metropolitana e centri di medie dimensioni; nuclei familiari poco numerosi; classe socio-economica medio-alta; istruzione medio-alta.rnQualche dato anche sul comparto. Gli occupati del settore in Italia sono circa 220mila. Bassa l’età media: il 61,3% degli agricoltori biologici in Europa ha meno di 55 anni (contro il 44,2% dell’agricoltura convenzionale). Ancora: il 25,6% delle aziende agricole europee è condotto da donne. Elevata la scolarizzazione: il 50% dei produttori biologici ha il diploma di scuola media superiore, il 17% la laurea. Alta anche la propensione all’utilizzo delle nuove tecnologie: per esempio, il 55% degli agricoltori biologici utilizza Internet.rnFonte:adnkronos