“I prodotti bio, coltivati senza l’uso di diserbanti e altre sostanze chimiche, non hanno solo il vantaggio di essere “senza chimica”, ma sono qualitativamente superiori rispetto ai prodotti convenzionali”: queste le conclusioni del progetto “Bioqualia – La qualità nutrizionale ed organolettica delle produzioni biologiche”, condotto dal Consiglio per la Ricerca e la Sperimentazione in Agricoltura ex Inran (Istituto nazionale di ricerca per gli alimenti e la nutrizione) e finanziato dal ministero delle Politiche agricole alimentari e forestali.I ricercatori dell’ex Istituto nazionale di ricerca per gli alimenti e la nutrizione hanno condotto un’indagine sulle ricerche pubblicate su riviste scientifiche internazionali dal 2005 al 2011, nelle quali sono state messe a confronto le caratteristiche nutrizionali dei prodotti bio e di quelli tradizionali. I risultati vanno così a contraddire qualche indagine che negli ultimi anni ha fatto discutere e ha creato molta confusione nel consumatore. Il lavoro svolto ha messo in evidenza come i prodotti bio contengono un maggior numero di vitamine, antiossidanti, e sostanze salutari: la frutta biologica tende ad avere un maggior presenza di vitamina C e – nel caso dei frutti a bacca – un più elevato contenuto di composti fenolici rispetto alla convenzionale; gli ortaggi biologici tendono a mostrare una concentrazione superiore di carotenoidi; il latte ottenuto da animali allevati con il sistema biologico (così come i suoi derivati) tende a essere più ricco in acidi grassi polinsaturi e acido linoleico coniugato, sostanze che hanno dimostrato di avere una considerevole azione preventiva verso numerose patologie, come quelle cardiovascolari.rn“I risultati del progetto Bioqualia dimostrano che il biologico è meglio anche in termini nutrizionali, confermando la bontà della scelta di un numero in continua crescita di consumatori che acquistano prodotti bio, – sottolinea Paolo Carnemolla, Presidente di FederBio – I prodotti bio, inoltre, non contengono residui di sostanze chimiche, garantendo quindi benessere all’uomo e all’ambiente. Ricordo che in Francia sulla base del decreto 665/2012, il morbo di Parkinson è stato inserito tra le patologie professionali agricole, sulla base di alcune ricerche che hanno messo in evidenza come l’effetto di alcuni pesticidi concorrano all’incremento di rischio di insorgenza di questa patologia. Aggiungo anche i recentissimi i risultati dello studio «Enviromental Impact of different agricultural management practices: conventional versus organic agriculture», apparso sulla rivista «Critical reviews in plant sciences», realizzato dai ricercatori guidati dal professor Maurizio Paoletti del Dipartimento di Biologia dell’Università di Padova in collaborazione con l’Università di Cornell, Usa. La ricerca dimostra che i terreni gestiti con il metodo bio presentano una maggiore biodiversità sia vegetale che faunistica rispetto ai sistemi convenzionali. Ma anche una maggiore capacità di trattenere acqua, con conseguente miglior rendimento in condizioni climatiche di scarsità di precipitazioni e una maggior capacità di sequestrare CO2, aspetti di fondamentale importanza nell’attuale fase di riscaldamento globale e cambiamenti climatici”.