Lettera al Messaggero di Paolo Carnemolla

Gentile Direttore,

in relazione all’articolo dal titolo “Si rischia di finanziare un’illusione”, pubblicato lunedì 10 dicembre, riteniamo opportuno come Federazione nazionale che da 26 anni tutela l’agricoltura biologica e biodinamica, fare alcune osservazioni e integrazioni.

L’agricoltura biologica è l’unico metodo di coltivazione, allevamento e di preparazione alimentare sostenibili normato dall’UE i cui prodotti vengono certificati e venduti dal 1991 con il logo comunitario. Ritengo pertanto che non sia più possibile definirla una “moda” o ancor meno “un’illusione”. Si tratta, a tutti gli effetti, di uno degli assi portanti delle politiche europee della qualità e della sostenibilità in agricoltura e nell’agroalimentare. Anche a livello mondiale tutti i Paesi più importanti si sono dotati di normative sul biologico e l’ONU, nel CODEX ALIMENTARIUS, ha sancito gli standard per armonizzare il mercato globale.

La definizione di agricoltura e prodotto biologico è, dunque, da quasi 30 anni affidata alla normativa che ne definisce le regole stringenti e i percorsi di certificazione per la loro applicazione e non all’opinione di imprese o singoli, indipendentemente dal loro status.

Come dimostrano molte ricerche, l’agricoltura biologica ha rese per singola coltura e per unità di superficie spesso inferiori all’agricoltura convenzionale che utilizza pesticidi, diserbanti, fertilizzanti, fungicidi e conservanti di sintesi chimica oltre che più acqua irrigua. Tuttavia, nel medio e lungo periodo, l’agricoltura biologica ha rese produttive più stabili e risente meno degli effetti dei cambiamenti climatici.

L’approccio biologico è più resiliente rispetto a quello convenzionale poiché, oltre a produrre una maggiore quantità di biomassa e biodiversità vegetale e animale per unità di superficie, migliora contemporaneamente la sostanza organica e le caratteristiche dei suoli, che occupa con le colture per maggior tempo durante l’anno, contribuendo così anche al sequestro di carbonio. È anche maggiormente sostenibile dal punto di vista economico sia per gli agricoltori sia per i cittadini, dato che comporta un minore impatto ambientale e sanitario e, se praticata correttamente, anche una migliore qualità nutrizionale del cibo.

Le agenzie dell’ONU che si occupano di alimentazione e sviluppo agricolo stanno approfondendo da tempo le potenzialità dell’agricoltura biologica per rispondere alla necessità di ridurre la povertà e la fame, salvando nel contempo il Pianeta dalle crisi ambientali e sociali. È ormai acquisito che la gran parte della popolazione contadina che vive di agricoltura familiare può trarre grandi benefici dalla pratica dell’agricoltura biologica, mentre nei Paesi che utilizzano metodi intensivi sono ormai evidenti i rischi di desertificazione dei suoli, perdita di resilienza ai cambiamenti climatici e di biodiversità che mettono a rischio il mantenimento di rese produttive elevate e quindi la sicurezza alimentare e ambientale a lungo termine.

Il comparto biologico non ha beneficiato fino a ora di investimenti adeguati in ricerca pubblica. Quando questo è avvenuto il miglioramento anche delle rese produttive è stato evidente. È inoltre evidente che la sola transizione all’agricoltura biologica senza un radicale cambiamento di stile alimentare, puntando a un minore spreco di cibo e un maggior consumo di alimenti a base vegetale, non potrà risolvere gli squilibri alimentari che oggi generano obesità e malattie legate all’eccesso di cibo, in una parte del Pianeta, e denutrizione in altre

Paolo Carnemolla
Presidente FederBio

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