La Penisola ha il primato della maggiore percentuale di superficie agricola utilizzata nell’Ue. I dati di FederBio sul comparto illustrati in occasione dei vent’anni di attività
Una crescita che non si ferma quella del biologico italiano che è riuscito a mantenere una spinta anche nei momenti più difficili e a regalare alla Penisola il primato della maggiore percentuale di superficie agricola utilizzata (Sau) nell’Ue. Con le superfici coltivate senza chimica che sono passate da poche centinaia di migliaia di ettari a oltre 2,5 milioni nel 2024 (+ 163,5% negli ultimi 10 anni), pari a oltre il 20% della Sau nazionale. E con il numero degli operatori biologici che ha raggiunto quota 97.160 (+137,18% dal 2004), di cui oltre 87.000 aziende agricole. Il tutto per un valore di oltre 10 miliardi di euro tra mercato interno ed export. Questi sono alcuni dei dati più importanti di come si è sviluppato il settore nel punto che fa FederBio in occasione dei vent’anni di attività, anche se il percorso è iniziato più di dieci anni prima, esattamente nel 1992 con la Fiao (Federazione italiana agricoltura organica).
Tra i tanti risultati ottenuti in queste due decadi spicca l’approvazione della legge nazionale sul biologico (legge n. 23/2022), attesa per oltre quindici anni e tre legislature. Tra gli elementi più importanti che ha introdotto la norma ci sono il marchio del biologico italiano, da poco presentato, l’istituzione dei distretti biologici che favoriscono lo sviluppo dell’agricoltura e dell’economia dei territori rurali e l’adozione del Piano d’azione nazionale per promuovere il biologico quale metodo avanzato dell’approccio agroecologico, supportando produzioni e consumi di alimenti bio.
“L’approvazione della legge ha segnato una svolta decisiva per l’affermazione del settore – illustra Maria Grazia Mammuccini, presidente di FederBio – il Piano d’azione è già attivo in molte sue parti, sono stati scritti i bandi per i progetti di filiera, i distretti biologici e promosso il piano sementiero. Il marchio biologico italiano rappresenta una grande opportunità per dare identità e riconoscibilità alla filiera nazionale, rafforzando sia il nostro export sia i consumi interni”. L’impegno di FederBio però non si ferma. Ci sono tanti altri passi da compiere per far superare le maggiori difficoltà che incontrano le aziende bio a cominciare, continua Mammuccini, “dal peso della burocrazia che continua costantemente ad aumentare diventando insostenibile soprattutto per le piccole e medie imprese, e all’esigenza di investimenti strategici per ricerca, innovazione e formazione, oggi ancor più necessari per fronteggiare l’impatto del cambiamento climatico sulle produzioni agricole”.
Con l’agricoltura biologica che svolge un ruolo determinante sul piano ambientale per la tutela della fertilità del suolo, della biodiversità, per la capacità di trattenere carbonio e, al tempo stesso, come il cibo biologico produca benefici per la salute delle persone, “la nuova Pac (politica agricola comune, ndr) dovrà quindi assegnare maggiori risorse a chi opera rispettando la sostenibilità, creando opportunità di impiego e generando valore per la collettività”, aggiunge la presidente di FederBio.
Molte sfide attendono il settore. Con tutta l’agricoltura che sta vivendo una fase critica, l’instabilità geopolitica, gli eventi meteo estremi e il degrado ambientale stanno facendo lievitare i costi di produzione comprimendo i redditi degli agricoltori.
“Per invertire la rotta – conclude Mammuccini – servono scelte chiare riconoscendo un giusto prezzo lungo l’intera filiera e premiando i modelli virtuosi che proteggono suolo, biodiversità e servizi ecosistemici, come il biologico e il biodinamico. In questo contesto, la giusta intuizione di coloro che 20 anni fa hanno costituito FederBio continua ancora oggi a rappresentare un riferimento strategico come l’unica organizzazione nazionale in grado di unire l’intera filiera, dalla produzione alla trasformazione e distribuzione, diventando un modello di interprofessione fondamentale per il futuro del settore bio”. […]