Bologna, novembre 2025 – Cibo e clima sono indissolubilmente legati. Per fronteggiare l’emergenza climatica e garantire equità e sicurezza alimentare occorre trasformare radicalmente i modelli di produzione e consumo di cibo.

In linea con la posizione della FAO, FederBio lancia un appello ai leader internazionali riuniti alla COP30 che si sta svolgendo a Belém, nel cuore dell’Amazzonia brasiliana, affinché i sistemi agroalimentari sostenibili e resilienti vengano riconosciuti come soluzioni essenziali per ridurre l’impronta climatica e nutrire le persone rigenerando il pianeta.

Attraverso l’approccio agroecologico, di cui biologico e biodinamico costituiscono le espressioni più avanzate, l’agricoltura può trasformarsi da fonte di emissioni ad alleato decisivo nel contrastare il riscaldamento globale e mitigare gli eventi meteorologici estremi sempre più frequenti e devastanti. Al vertice sul clima, la trasformazione dell’agricoltura e dei sistemi alimentari rappresenta quest’anno il terzo dei sei pilastri strategici dell’Agenda d’Azione e sarà al centro dei lavori delle sessioni del 19 e 20 novembre.

“É particolarmente significativo che, per la prima volta nella storia delle COP, due giornate verranno dedicate ad agricoltura e cibo – sottolinea Maria Grazia Mammuccini, Presidente di FederBio –. L’emergenza climatica e i sistemi alimentari sono due facce della stessa medaglia. L’impatto negativo delle pratiche intensive su ambiente, clima ed economia è ormai evidente a tutti. È dunque urgente trasformare il modo in cui coltiviamo, distribuiamo e consumiamo cibo. Il tempo per agire si sta esaurendo per cui sollecitiamo COP30 ad assumere impegni vincolanti e azioni concrete per convertire i sistemi agricoli intensivi, responsabili di oltre un terzo delle emissioni di CO2 e del degrado degli ecosistemi, in modelli sostenibili. Serve un cambio di paradigma radicale per rispondere con efficacia alle sfide di oggi: puntare su un’agricoltura sostenibile e resiliente, fondata su pratiche che tutelano i servizi ecosistemici in grado di assicurare giustizia e sicurezza alimentare per le generazioni future”.

 Studi scientifici attestano che l’adozione di pratiche agroecologiche produce molteplici benefici sul piano climatico, ambientale e sociale, rigenerando la fertilità del suolo e incrementando la biodiversità. I suoli a gestione biologica hanno più biomassa e una maggiore stabilità e biodiversità rispetto a quelli convenzionali e tendono ad avere una migliore capacità di trattenere l’acqua, rappresentando una forma di protezione in caso di siccità e inondazioni.

Secondo il Rapporto “Study on the environmental impacts of achieving 25% organic land by 2030” di Nicolas Lampkin and Katrin Padel, al raggiungimento del 25% di terreni agricoli biologici nell’Ue, si eliminerebbero 68 milioni di tonnellate di CO2 l’anno, che equivale a una diminuzione di circa il 15% delle emissioni totali di gas serra dell’agricoltura dell’Ue.

Lo studio evidenzia, inoltre, che il passaggio al biologico porterebbe a un incremento del 30% della biodiversità e a un abbattimento del 90-95% nell’utilizzo di pesticidi chimici di sintesi. Un’ulteriore conferma della resilienza climatica e dei benefici ambientali dell’agroecologia arriva dalla sperimentazione comparativa Trial DOK dell’Istituto Fibl, una delle più estese e durature, che dal 1978, mette a confronto sistemi di coltivazione biologici, biodinamici e convenzionali. Le evidenze hanno ampiamente dimostrato come i terreni biologici siano in grado di ridurre del 44% le emissioni di gas serra, migliorando la salute e la fertilità del suolo. I risultati provano che l’agricoltura biologica utilizzando l’acqua in modo più efficiente resiste meglio ai periodi di siccità.

Infine, il “Farming Systems Trial”, la sperimentazione del Rodale Institute, una delle più estese ed autorevoli, che dura da oltre  40 anni, rileva come l’agricoltura biologica abbia il potenziale per garantire rese fino al 40% superiori in periodi di siccità rispetto ai sistemi agricoli convenzionali usando il 45% di energia in meno.

“Centrare gli obiettivi climatici e garantire cibo sano per tutti è possibile: occorre mettere al centro dei negoziati gli investimenti in agroecologia e politiche per la sicurezza e la sovranità alimentare, valorizzando le filiere locali del cibo e le comunità rurali – conclude Mammuccini -. Se non si avvia rapidamente una drastica inversione di rotta per contrastare gli effetti sempre più devastanti del clima le conseguenze saranno davvero irreversibili. Le soluzioni sono pronte, chiediamo ai governi la lungimiranza di metterle al centro dell’agenda climatica internazionale. Ripensare la produzione, la distribuzione e il consumo di cibo nel rispetto dell’ambiente, della biodiversità e del suolo non è più un’opzione, ma la condizione necessaria per costruire un futuro sostenibile, sicuro e giusto per tutti”.

FederBio (feder.bio) è una federazione nazionale nata nel 1992 per iniziativa di organizzazioni di tutta la filiera dell’agricoltura biologica e biodinamica, con l’obiettivo di tutelarne e favorirne lo sviluppo. FederBio socia di IFOAM e ACCREDIA, l’ente italiano per l’accreditamento degli Organismi di certificazione, è riconosciuta quale rappresentanza istituzionale di settore nell’ambito di tavoli nazionali e regionali.

Attraverso le organizzazioni associate, FederBio raggruppa la quasi totalità della rappresentanza del settore biologico, tra cui le principali realtà italiane nei settori della produzione, distribuzione, certificazione, normazione e tutela degli interessi degli operatori e dei tecnici bio.

La Federazione è strutturata in cinque sezioni tematiche e professionali: Produttori, Organismi di Certificazione, Trasformatori e Distributori, Operatori dei Servizi e Tecnici, Associazioni culturali. FederBio garantisce la rigorosità e la correttezza dei comportamenti degli associati in base al Codice Etico e verifica l’applicazione degli standard comuni.

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