Il biologico in agricoltura, con buona pace dei soliti detrattori, è una realtà che nel nostro Paese raccoglie consensi e successi indiscussi. Ne abbiamo parlato con Paolo Carnemolla, presidente di FederBio.

Il modello di agricoltura industriale è ormai superato:per fronteggiare il cambiamento climatico, incentivare la biodiversità e migliorare la salute pubblica la conversione all’agricoltura biologica appare come la scelta più efficace e lungimirante. A sostenere questa tesi sono i risultati di ricerche scientifiche,le direttive di autorevoli organizzazioni mondiali, le linee guida di istituti accreditati. Eppure, c’è ancora chi non perde occasione per screditare il con accuse infondate e pretestuose.Voliamo alto, non entriamo in polemica e lasciamo la parola a chi sene intende davvero. Abbiamo incontrato Paolo Carnemolla, presidente di FederBio, e gli abbiamo chiesto di fare un po’ di chiarezza

Presidente, prima di tutto a che punto siamo con il disegno di legge sul biologico?

È stato approvato alla Camera a larghissima maggioranza, quindi è iniziata la discussione in Commissione agricoltura del Senato. Speriamo di chiudere la partita prima delle elezioni europee, poiché è prioritario che il testo venga votato: il nostro Paese ha bisogno di una legge nazionale che guardi al futuro di tutta l’agricoltura italiana.

La critica più accesa nei confronti del disegno di legge è che a muovere i fili ci sia una potente lobby del biologico, che vuol far passare un concetto di agricoltura elitaria e irrealizzabile.

E vero il contrario: quello che sta fallendo è il modello di agricoltura convenzionale. Gli unici a trarre enormi benefici dal sistema attuale sono i produttori di macchinari, chimica di sintesi, carburanti. Pensiamo ai prodotti agricoli in vendita nella grande distribuzione a poche decine di centesimi al chilo: come è possibile che il contadino tragga un guadagno adeguato dal suo lavoro? Quanto sfruttamento – di persone, di animali e di terreno – c’è dietro questa filiera produttiva?

A proposito di prodotti utilizzati nell’agricoltura classica, la chimica è molto presente…
L’Italia è tra i maggiori consumatori di pesticidi a livello europeo. Dall’ultimo report dell’Agenzia europea per l’ambiente risulta che il consumo di principi attivi nella Comunità europea è mediamente di 3,8 chili per ettaro, ma in Italia salea 5,7. E mentre la vendita dei pesticidi, nell’ultimo biennio, è diminuita nei Paesi del Vecchio Continente di circa la metà, da noi è aumentata di quasi l’8 per cento.

Quali ripercussioni ci sono per l’ambiente?
Sono facilmente immaginabili. Il 15 per cento dei terreni coltivati con agricoltura biologica segue regole giustamente restrittive sull’uso delle sostanze:noi non utilizziamo diserbanti, fumiganti, insetticidi, molecole di sintesi. L’agricoltura convenzionale, che copre il rimanente 85 per cento del terreno coltivato, oltre a poter usare i prodotti ammessi in biologico può usare tutti quelli che noi non utilizziamo e non ha un sistema di controllo analogo. […]

Fonte: L’Altra Medicina Magazine

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