Da alleanze volontarie a veri e propri strumenti regolamentati a livello nazionale. Le nuove sfide dei distretti biologici in Italia nel webinar Il ruolo del biologico nella futura politica agricola europea, le opportunità dei biodistretti.                                              

15 febbraio 2021. I biodistretti sono un’opportunità. Produttori locali, cittadini, associazioni e amministrazioni locali possono finalmente stringere un’alleanza per valorizzare i prodotti biologi, promuovere il territorio e contribuire allo sviluppo economico, sociale e culturale. Se finora, però, realizzare un distretto biologico significava sperimentare forme di governance dal basso, oggi la legge sul bio, che dovrebbe essere tra breve definitivamente approvata alla Camera, rappresenta il riconoscimento normativo al livello nazionale che li rende pubblici con obiettivi e regole per tutti gli attori coinvolti. Un balzo in avanti importante per lo sviluppo dell’agricoltura, non solo quella biologica. Se ne è parlato nel webinar “Il ruolo del biologico nella futura politica agricola europea, le opportunità dei biodistretti”, finanziato dal Programma di Sviluppo Rurale per il Veneto 2014-2020, trasmesso sui canali social ufficiali di FederBio.

È Eleonora Evi, membro della commissione Ambiente del Parlamento Europeo a evidenziare la necessità di “sostenere pratiche agricole che contribuiscono al bene comune, ovvero: all’ambiente, alla società, alla salute umana”. È evidente che qualcosa non ha funzionato se si pensa che negli anni sono circa 7 milioni le aziende agricole che hanno dichiarato il fallimento. Non solo, nella Pac in discussione non esiste ancora un budget specifico per l’agricoltura biologica. “Dovremmo cambiare completamente passo e introdurre una logica di erogazione dei sussidi che dica denaro pubblico per beni pubblici”, conclude la Evi.

In quest’ottica, aggiunge Maria Grazia Mammuccini, presidente nazionale FederBio, “i biodistretti possono svolgere una funzione strategica sia per il biologico che per il territorio. Il sistema territorio rappresenta un valore fondamentale. Mi riferisco anche a quelle che Slow Food chiama le comunità del cibo”. In questi mesi di pandemia abbiamo visto in modo chiaro quanto la sicurezza alimentare sia importante. Un sistema di produzione e consumo del cibo a livello locale soprattutto per l’alimentazione quotidiana per i prodotti freschi è fondamentale. Da questo punto di vista la funzione dei biodistretti può essere molto importante. Ma lo è anche in termini di integrazione con gli altri settori economici presenti sul territorio come il turismo, ma anche le attività artigianali, il commercio, la ristorazione, le mense.

Riconoscere, a livello nazionale, un biodistretto come pubblico significa dare allo stesso delle regole chiare e distinte come, ad esempio, l’uso limitato di prodotti fitosanitari. O ancora, distanze di

sicurezza certe tra biologico e convenzionale per evitare la contaminazione accidentale. E uno stimolo deciso verso un approccio territoriale alla conversione. È chiaro, oramai, che un distretto biologico può dare più forza al sistema rispetto alla singola impresa, soprattutto a livello territoriale. Questo perché crea una governance dove enti locali, associazioni e produttori possono interagire per una politica comune. Non ci troviamo di fronte a un affare esclusivamente del mondo agricolo. Entrano in gioco, come parte attiva, altri attori che hanno come base comune il bene del territorio.

“È molto importante – per la presidente di FederBio – il fatto che la legge sul biologico contiene nell’articolo 13 il riferimento ai biodistretti: il riconoscimento pubblico delle realtà dei biodistretti è indispensabile non solo per far aumentare il numero di queste realtà ma anche in termini strategici”.  Tra gli obiettivi e le finalità presenti, l’articolo promuove la conversione al biologico, un approccio territoriale che può favorire un legame con i Piani di Sviluppo Rurale, semplificazione per l’applicazione delle norme sulla certificazione e promozione del biologico nella ristorazione pubblica.

Per il biologico siamo in un momento di svolta. Sul tavolo della politica si discute di biologico e di ambiente: la Pac diventa un’occasione per ridisegnare l’agricoltura europea e cambiargli direzione verso il Green Deal orientando gli obiettivi in coerenza con le Strategie Farm to Fork e Biodiversità. Le possibilità, dunque, ci sono per sfruttare in maniera positiva il momento e fare scelte consapevoli. “Siamo in una fase di cambiamento straordinario a livello delle politiche europee. Il biologico diventa un riferimento fondamentale per offrire soluzioni innovative e favorire la transizione ecologica dell’agricoltura”, afferma Maria Grazia Mammuccini.

Proprio per questo motivo territorio e Regioni non vanno superate. È la posizione sostenuta anche da Franco Contarin, direttore della Autorità di Gestione del Programma di Sviluppo Rurale Regione Veneto. “Se vogliamo applicare seriamente Agenda 2030 – sostiene – dobbiamo partire dai territori”. Questo significa lasciare alle Regioni la possibilità di continuare a offrire in maniera concreta un aiuto progettuale e costruttivo. “Le regioni sono uno snodo centrale e non possono essere né svilite né essere marginalizzate”. Soprattutto in una regione, come il Veneto, in cui i temi della sostenibilità ambientale e del biologico sono parte fondamentale della politica agricola.

Enrico Maria Casarotti, presidente di A.Ve.Pro.Bi, rafforza la tesi di Contarin: “le nuove politiche devono essere tradotte in termini pratici a livello nazionale e regionale. Abbiamo delle problematiche molto importanti, come aziende agricole, di eccessiva burocratizzazione con un sacco di contraddizioni tra le buone pratiche agronomiche del biologico e quelle che sono le limitazioni legislative che vanno a tarpare le ali su quelli che dovrebbero essere i principi scritti all’inizio del regolamento della legge sul biologico”.

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