Misurare l’impronta carbonica e idrica per rendere la cerealicoltura biologica competitiva e soprattutto sostenibile.
A Bari si è concluso il progetto sperimentale “Smart future Organic farm” (Sfof) che ha messo a punto due applicativi che contribuiscono a migliorare la gestione agronomica del comparto primario pugliese attraverso un metodo innovativo monitorabile, misurabile e certificabile di produzione biologica che punta a un’agricoltura a zero emissioni di CO2.
Finanziato nell’ambito delle attività del Psr-Puglia 2014-2020 “Sostegno a progetti pilota e allo sviluppo di nuovi prodotti, pratiche, processi e tecnologia”, per tre anni Sfof ha monitorato i dati provenienti dai campi di frumento dove è stata fatta una sperimentazione in situ per elaborare tecnologie smart per il monitoraggio da remoto delle attività in campo e per l’acquisizione di dati agronomici capaci di predire soluzioni migliorative. Comunità di pratica composte da coltivatori, associazioni di categoria e agronomi si sono confrontate con ricercatori e esperti di tecnologia con lo scopo comune di proteggere la fertilità dei suoli, la qualità dell’acqua e dell’aria e la biodiversità.
Sostenibilità ambientale e agricoltura biologica vanno di pari passo
Il responsabile scientifico del progetto Domenico Ventrella, ricercatore del Crea di Bari spiega: “Abbiamo applicato un approccio innovativo per capire come ottimizzare la produzione cerealicola in regime biologico. Per tre anni abbiamo fatto un monitoraggio agronomico e ambientale in cui, oltre ai parametri di crescita delle piante e alle caratteristiche del suolo, abbiamo quantificato le emissioni di Co2 e protossido di azoto, due variabili chiave per quantificare la sostenibilità colturale in un contesto di cambiamenti climatici. La seconda innovazione è stata l’impiego di un modello di simulazione virtuale che, sulla base di dataset aziendali e di ricerca, ha valutato per 60 anni le combinazioni di ammendamento, semina, livelli di concimazione, tre tipologie di suolo e gestione dei residui colturali (interramento convenzionale, interramento con asportazione dei residui e residui lasciati in superficie)”.
Il risultato della sperimentazione in campo e attraverso i modelli virtuali dice che “è possibile migliorare la coltivazione di frumento duro in regime biologico puntando su tecniche di agricoltura di precisione” ha detto il ricercatore del Consiglio per la ricerca in agricoltura e l’analisi dell’economia agraria ai partner di progetto Federbio, Exprivia, Cia e Legacoop Puglia nella biblioteca barese del Crea che ha ospitato l’evento conclusivo. Due le indicazioni emerse dalla sperimentazione: “Occorre puntare sulla coltivazione azotata per dare l’esatta quantità di azoto alla pianta e lasciare i residui colturali in superficie perché questo “dà alti livelli di resa e alti livelli di sequestro di carbonio nel suolo, cioè alta capacità di mitigazione climatica. Deleteria è invece risultata l’asportazione totale dei residui perché – ha detto Ventrella – nel tempo sottrae sostanza organica al suolo e lo impoverisce”.
Dove, come e cosa: i risultati della ricerca
Protagonista del progetto è stata la cerealicoltura, da sempre centrale per l’economia pugliese. Basti dire che sono oltre 340mila gli ettari coltivanti a grano duro nella regione. Due le aree coinvolte nello studio: Altamura e Cerignola, areali rappresentativi della Capitanata e dell’Alta Murgia, dove tre imprese (Azienda agricola Creanza, cooperativa La Pineta, Vincenzo Capobianco & figli) hanno ospitato i dispositivi sperimentali e fornito i dati per le simulazioni e lo sviluppo dei due applicativi:
- CWFP – Carbon & Water Footprint – per il calcolo dell’impronta idrica e di carbonio della granella di frumento duro ovvero un sistema per misurare il consumo di acqua e la C02 prodotta in funzione delle pratiche agronomiche attuate e delle rese ottenute sulla base di informazioni fornite direttamente dall’utente.
- DSS – Decision support system – per supportare le decisioni dell’operatore agricolo in modo da ottimizzare i sistemi cerealicoli in biologico al variare di pratiche agronomiche consolidate e migliorative, stimando la sostenibilità di lungo periodo di un sistema colturale progettato dall’utente.
Quest’ultimo applicativo opera nell’ambito di classi di suolo più rappresentative nelle due aree oggetto di studio e consiste in un algoritmo predittivo di tipo General Linear Model elaborato sulla base dell’implementazione e parametrizzazione di Armosa, un software che rappresenta, attraverso una serie di equazioni, i processi dinamici dell’agroecosistema e come essi variano in risposta alla gestione agricola, alle condizioni climatiche e del suolo. La parametrizzazione è stata effettuata utilizzando i dati raccolti nel monitoraggio agronomico nelle due aziende Sfof e utilizzando dati di Lte (ricerche di lungo periodo). Dal 2020 al ’23 sono stati allestiti dispositivi sperimentali che hanno monitorato tre annate agrarie. Sono stati acquisiti dati numerici, georeferenziati e temporali riguardanti:
- clima (dati giornalieri di temperatura, radiazione globale, velocità del vento e umidità);
- suolo (all’inizio, durante e al termine della coltivazione: carbonio, azoto totale, fosforo, potassio, complesso di scambio, nitrati e ammonio, emissioni);
- pianta (analisi di accrescimento) e agronomia (resa e qualità delle produzioni, informazioni e modulazione delle pratiche agronomiche effettuate);
- emissioni dei gas climalteranti in prossimità delle concimazioni azotate.
Poiché il cambiamento climatico è causato dalle attività antropica, l’agricoltura può fronteggiarlo e ridimensionarlo con opportune strategie di adattamento e mitigazione: i due applicativi del progetto sono strumenti utili per andare in questa direzione, incrementando la sostenibilità della gestione agronomica delle aziende agricole. […]