Il 18 luglio, cioè domani, la Presidenza di turno slovacca dell’Unione europea presenterà il suo programma e fra le priorità non compare la riforma del Regolamento su agricoltura e prodotti biologici. Forse non per caso, visto che anche la Presidenza di turno uscente, affidata all’Olanda, non ha concluso nulla e la Germania, certamente più in sintonia con la Slovacchia, da sempre è ostile a una riforma sul cui destino ormai è lecito avere più di qualche perplessità. È dal 2012 che la normativa europea sul biologico non viene significativamente aggiornata e nel 2014 la Commissione uscente propose un testo palesemente raffazzonato e inadeguato pur di attestare la chiusura del dossier.
La nuova Commissione, consapevole della prevalente opposizione a quella proposta di riforma, valutò persino di cassarla dal programma di legislatura, ma pressioni dal versante parlamentare modificarono le intenzioni iniziali di Juncker e quindi il testo di Ciolos ha proseguito il suo iter in un contesto del tutto singolare. Consiglio e Parlamento europei fra giugno e ottobre 2015 hanno infatti definito posizioni di fatto coincidenti sugli aspetti fondamentali della riforma, di fatto accogliendo le posizioni delle organizzazioni di settore e di COPA COGECA, mentre la Commissione ha improvvisamente virato sulle posizioni più oltranziste contenute nel testo iniziale. Dunque il trilogo ha preso avvio nelle peggiori condizioni e dopo il semestre di Presidenza di turno olandese, dove sono stati fatti passi avanti sostanziali solo forzando da parte della Commissione lo scorporo del sistema di certificazione dal Regolamento del biologico a quello sui controlli ufficiali di alimenti e mangimi anch’esso in revisione, la situazione di stallo è evidente. E gli slovacchi pragmaticamente paiono non volersi far addebitare un fallimento su un dossier che chi li ha preceduti, Italia compresa, aveva definito prioritario e fondamentale ma sul quale nessuno pare in grado di ottenere risultati significativi.
Per questo motivo sia COPA COGECA che le organizzazioni del biologico europee e anche FederBio nelle scorse settimane hanno rivolto un appello ai Governi affinchè si valuti con attenzione e obiettività le possibilità concrete di una conclusione rapida e soddisfacente del trilogo, dovendo altrimenti tutti prendere atto che la riforma Ciolos deve essere abbandonata per riprendere una più pragmatica e utile “manutenzione” del Regolamento attuale. Questo perché il settore in questi anni è cresciuto enormemente e sta di fatto cambiando pelle, con evidenti necessità di adeguamento delle norme tecniche e del sistema di certificazione, per consentire all’agricoltura europea, nei diversi contesti territoriali e comparti produttivi, di convertirsi agevolmente al biologico per rispondere a una richiesta di mercato in crescita costante a due cifre, senza però far venir meno la coerenza ai principi già stabiliti nel Reg. CE 834/07 e migliorando in maniera significativa le garanzie del sistema di certificazione e l’integrità del mercato.
Del resto proprio su questi obiettivi la riforma Ciolos e quello che fin qui ha prodotto il trilogo e l’azione della Commissione appaiono del tutto inadeguati. Ridurre l’intensità dei controlli, puntare su un approccio analitico con l’introduzione di soglie per i principi attivi non ammessi e non sul controllo di processo e sulla tracciabilità, rendere le norme di produzione ancora più lontane dalla realtà di un’agricoltura e zootecnia moderne sono errori gravissimi che possono esporre ancora di più il settore biologico al rischio delle frodi e alla dipendenza da importazioni di materie prime realizzate in Paesi Terzi dove la Commissione non è palesemente in grado di garantire equivalenza di condizioni normative e di controllo.
Bene quindi la Presidenza di turno slovacca, se tuttavia avrà anche il coraggio di mettere fine a questa follia che già ha portato via troppo tempo e troppe risorse, legando le mani dietro la schiena a un settore produttivo e economico che ha invece necessità di correre e bene, per dare all’agricoltura convenzionale in crisi di prezzi e di prospettiva un’alternativa valida che produca anche beni comune per i cittadini europei che con le loro tasse sovvenzionano una Pac che fino a ora non ha risolto né i problemi degli agricoltori e nemmeno quelli dei cittadini.

Autore: Paolo Carnemolla, presidente di Federbio. Articolo esclusivo per Risoitaliano.eu

Fonte: www.risoitaliano.eu