2 luglio 2021 – Fare rete, affidarsi alla ricerca e puntare sugli agricoltori. Ma soprattutto sviluppare nuove politiche che sappiano affrontare le sfide della salvaguardia degli ecosistemi e della tutela delle coltivazioni dagli effetti del cambiamento climatico. Questo il centro del webinar Innovazione e sostenibilità nella risicoltura biologica – uno degli appuntamenti previsti all’interno del progetto Veneto Biologico, finanziato dal PSR Veneto 2014-2020 e promosso da FederBio – cui hanno partecipato Roberta Martin, Vice Presidente A.Ve.Pro.Bi. e imprenditrice agricola, specializzata in riso biologico, Daniela Ponzini e Giuseppe De Santis, di Rete Semi Rurali e Manuele Mussa, dell’Azienda agricola Una Garlanda di Stocchi fratelli e C.

In Italia, la risicoltura biologica rappresenta un grande valore dal punto di vista paesaggistico, storico, ambientale ed economico. Proprio per questo è necessario che tutti gli attori del mondo del riso biologico condividano le proprie esperienze e conoscenze, sperimentando nuove tecniche e aprendo strade nuove. Lo dimostra il progetto Riso Resiliente, iniziato nel 2019, che vede l’utilizzo, grazie alla banca del seme del CREA e dell’IRRI nelle Filippine, di varietà di riso utilizzati fino agli anni ’50 che poi sono state sostituite da altre più produttive e/o elette dal mercato. Caratteristiche fenologiche in grado di competere con malattie e infestanti, stabilità di resa, possibilità di evolversi in adattamento specifico con le tecniche di gestione agronomica decise dagli agricoltori e il contesto ambientale aziendale: sono questi i punti salienti del progetto. Per Daniela Ponzini della Rete Semi Rurali, “quando lo scambio di conoscenze avviene tra agricoltori che condividono le loro esperienze e sperimentazioni, l’innovazione viaggia molto più velocemente e in maniera molto più efficace”.

“Da qualche decennio la selezione varietale per la risicoltura italiana si è normalizzata, esistono poche varietà seminate e una sola tecnologia – tra l’altro coperta da brevetto di proprietà intellettuale – in questo momento che guida la ricerca di nuove varietà di riso in Italia. Poche varietà per tutti gli ambienti e tutti i mercati: condizione accettabile per il settore tradizionale, ma incompatibile con la diversità di siti e tecniche che si ritrovano nella produzione biologica”, afferma Giuseppe De Santis, Rete Semi Rurali. Ma nei prossimi anni “assisteremo a una semi-rivoluzione rispetto al mondo biologico. Siamo alla vigilia dell’attuazione di un nuovo regolamento che sancisce regole e prospettive e strategie per questo importante settore” superando così alcuni vincoli introdotti nel sistema sementiero italiano nella coltivazione di riso con caratteristiche fenotipiche della pianta non omogenee a parità di morfologia e caratteristiche della cariosside.

Nella risicoltura biologica bisogna uscire fuori dal concetto di uniformità per mantenere elevati gli standard di innovazione e sostenibilità: non solo è possibile sperimentare tecniche agronomiche differenti tra un’azienda e l’altra ma all’interno della stessa azienda il risicoltore può testare metodi diversi e valutare quelli strategicamente più validi. È quanto successo nella storica azienda Una Garlanda di Stocchi Fatelli e C. che ha puntato sulla chiusura della filiera, partendo da sementi certificate biologiche, anche di storiche varietà di riso, coltivate in modo completamente naturale con il metodo della “pacciamatura verde” ed in fine lavorate con l’impianto artigianale sito in azienda. La tecnica di coltivazione, ideata e sperimentata dalla famiglia Stocchi, consiste nel seminare il riso su un erbaio, poi trinciato ed allagato; lo strato in decomposizione delle erbe consente di far crescere il riso senza concimazioni e diserbi contenendo la presenza di vegetazioni infestanti. Si tratta di una tecnica economica e semplice nella sua realizzazione che ha permesso un risparmio annuo pari a circa 80 mila euro per mezzi tecnici e di 2/3 di carburante.

O ancora presso l’Isola della Scala, a Verona, azienda agricola biologica di seminativo che nasce 20 anni fa come scelta ambientale e biologica.  “La sostenibilità è data da valori che si integrano tra loro. Ci deve essere una sostenibilità ambientale, alimentare, sociale, di salute ed economica” afferma Roberta Martin, Vice Presidente A.Ve.Pro.Bi. e imprenditrice di un’azienda specializzata in riso biologico all’interno della quale ha avuto modo di testare nuove tecniche di coltivazione. Una sperimentazione visionata da Filip Haxhari di Ente Risi e condotta dal team di ricerca e sviluppo aziendale con l’obiettivo di risolvere un problema di parassiti in campo, dato da un fungo particolarmente aggressivo sul vialone nano: seminando due varietà di riso con diverse resistenze al parassita è possibile contenere la diffusione del patogeno. “Il risultato è stato quello di ottenere un prodotto sano, senza residui da sostanze chimiche di sintesi, ma soprattutto distinguibile al momento della raccolta – racconta Roberta Martin – garantendo al tempo stesso quindi la sostenibilità sia ambientale che economica per la mia azienda”.

È solo andando in questa direzione che si potrà parlare di una vera e propria rivoluzione agroecologica.

 

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Dania Buonamano

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