Il glifosato è l’erbicida più diffuso al mondo. È utilizzato per uccidere le piante infestanti e indesiderate e agisce in modo non selettivo: elimina tutta la vegetazione sulla quale viene impiegato.
È stato brevettato dalla Monsanto Company nel 1974 (USPTO,1974), multinazionale nordamericana specializzata in biotecnologie agrarie e sementi, nonché leader mondiale nella produzione di alimenti OGM, ed è presente in 750 formulati.
Oltre che in agricoltura è ampiamente impiegato da Comuni e Provincie per la pulizia delle strade, dalle ferrovie per quella dei binari ed è presente anche in prodotti da giardinaggio e per l’hobbistica.
Persone, piante e animali possono essere esposte in molti modi al glifosato e ai prodotti commerciali che lo contengono, sia per esposizione diretta durante le applicazioni in agricoltura e nel giardino, che attraverso l’acqua, le bevande e gli alimenti di origine vegetale (pane, pasta, cereali, legumi, nei quali viene spesso usato come disseccante prima del raccolto), la carne e i derivati, in particolare laddove gli animali vengano nutriti con derivati da piante OGM.

LA SITUAZIONE
Attualmente il glifosato, in varie formulazioni, rappresenta il 25% del mercato mondiale degli erbicidi ed è il prodotto più venduto in Italia: nel 2012 ne sono state acquistate 1795,1 tonnellate (fonte SIAN 2012), pari al 14,8 %, la percentuale più alta di tutte le sostanze chimiche per l’agricoltura vendute in Italia.
I residui vengono frequentemente ritrovati negli alimenti e nell’ambiente. Il rapporto ISPRA sui pesticidi nelle acque italiane segnala che le sostanze più ritrovate sono proprio glifosato, presente nel 39,7 dei punti di monitoraggio delle acque superficiali, e il suo metabolita AMPA, presente nel 70,9% dei punti di campionamento e tra le sostanze che superano più spesso i limiti, a chiara dimostrazione che l’erbicida non “sparisce” affatto come invece ampiamente reclamizzato. In Italia il glifosato rientra nel Piano di azione nazionale per i prodotti fitosanitari: di conseguenza, tutti i Piani regionali per lo Sviluppo Rurale, finanziando l’agricoltura “integrata” e “conservativa”, ne premiano l’uso. Serve un tempestivo intervento per far cessare il paradosso che il Piano di azione nazionale che doveva promuovere l’uso sostenibile dei fitofarmaci promuove, invece, l’uso insostenibile di un prodotto pericoloso.

GLIFOSATO E AMBIENTE
Al di là delle rassicurazioni fornite dai produttori, il glifosato è una sostanza a elevata tossicità ambientale in grado di alterare gli ecosistemi con cui entra in contatto.
Nelle aree agricole il suo impiego compromette la stabilità dei terreni, che vengono completamente denudati e privati di interi habitat costituiti dalla vegetazione erbacea degli ambienti marginali. Questo riduce drasticamente la biodiversità e aggrava il fenomeno del dissesto idrogeologico.
Numerosi sono poi gli studi che segnalano danni alla fauna, in particolare su anfibi, lombrichi e sulle api, necessarie per l’impollinazione.

GLIFOSATO E SALUTE UMANA
Numerosi sono gli studi che da decenni segnalano un’importante tossicità del glifosato non solo sulle cellule dei vegetali, ma anche per le cellule dei mammiferi.
Una ricerca di Mesnage et al (2015) pubblicata nella rivista scientifica Food and Chemical Toxicology ha rivelato che le formulazioni commerciali contenenti glifosato possono essere anche 1.000 volte più tossiche del solo principio attivo, evidenziando effetti sinergici tra i componenti.
Il 20 marzo 2015 lo IARC (International Agency for Research on Cancer) agenzia dell’OMS e massima autorità per la ricerca sul cancro, ha reso pubblico un documento in cui dichiara il glifosato “cancerogeno” e “potenziale cancerogeno per l’uomo”. Il documento dà per certo che il pesticida è cancerogeno per gli animali e quindi lo classifica fortemente rischioso anche per l’uomo. Una ricerca durata tre anni, coordinata da 17 esperti in 11 Paesi, le cui conclusioni sono state pubblicate nel marzo 2015 su ‘The Lancet Oncology’ rivela una forte correlazione epidemiologica tra l’esposizione al glifosato e il linfoma non-Hodgkin. Ciò si aggiunge ai già noti aumenti della frequenza di leucemie infantili e malattie neurodegenerative, morbo di Parkinson in testa.
Sin dagli ’80 il glifosato è classificato anche come interferente endocrino; negli ultimi anni è via via emersa una serie di gravi pericoli, non ultima una ‘forte correlazione con l’insorgenza della celiachia’ (studi del MIT, 2013-2014)

GLIFOSATO E OGM
Il glifosato è strategico perché è coinvolto a livello mondiale anche nella produzione di organismi geneticamente modificati (OGM). Fra i più diffusi OGM oggi coltivati vi sono cotone, mais, soia e colza, il cui DNA è stato alterato per renderli resistenti all’erbicida, che quindi può essere usato in dosi sempre più massicce, inevitabilmente accumulandosi nel prodotto finale. Soia, mais e colza OGM sono ampiamente utilizzati come mangimi per animali (in Italia: oltre l’85% degli animali da carne è alimentato con prodotti OGM); è anche così che le sostanze come il glifosato entrano nella catena alimentare e si ritrovato in concentrazioni elevate non solo nei liquidi biologici degli animali, ma anche in quelli delle persone che si alimentano con la loro carne o i prodotti derivati.

CAMPAGNA STOPGLIFOSATO
Le associazioni ambientaliste, dell’agricoltura biologica e dei consumatori che hanno dato il via alla campagna #Stopglifosato, chiedono innanzitutto che venga rispettato il principio di precauzione e che vengano del tutto vietati a livello europeo produzione, commercializzazione e impiego di tutti i prodotti a base di glifosato.
Chiedono alle Regioni di rimuovere il prodotto da tutti i disciplinari di produzione e di escludere da qualsiasi premio le aziende che ne facciano uso, evitando di premiare e promuovere “l’uso sostenibile di un prodotto cancerogeno”.