L’agricoltura biologica può essere una delle soluzioni alle crisi attuali. Intervista a Maria Grazia Mammuccini, presidente di FederBio

Si è tenuta sabato 4 dicembre a Bologna la Festa del Bio, tra dibattiti, show cooking e assaggi. L’appuntamento – organizzato da FederBio – è stata l’occasione per tracciare un bilancio sulla situazione del settore biologico in Italia e in Europa. Con uno sguardo verso le crisi dell’attualità – alimentare, climatica, energetica ed economica – e uno verso il futuro.

«A chi dice che il bio è un lusso che in questo momento non ci possiamo permettere dobbiamo rispondere che in realtà è una soluzione». Così Maria Grazia Mammuccini, presidente di FederBio, descrivendo il biologico come possibile soluzione alle crisi attuali.

L’Unione europea si è posta l’obiettivo di portare l’agricoltura biologica al 25% della superficie agricola utilizzata da qui al 2050. In Italia siamo già al 17% contro una media europea del 9%. Siamo davvero così avanti rispetto agli altri Paesi?

Sicuramente quello del biologico è un settore in cui siamo leader a livello europeo. Non solo abbiamo una superficie destinata al bio quasi doppia rispetto alla media europea, ma abbiamo anche il numero di operatori più alto. Siamo leader anche su alcune innovazioni come le mense bio e i distretti biologici, per i quali, tra l’altro, l’Europa ha preso come riferimento proprio l’esperienza del nostro Paese. Non c’è dubbio che il biologico sia un punto di forza del nostro sistema agricolo e alimentare.

Il settore ha resistito bene durante la pandemia?

Nella pandemia ha retto bene, anzi, c’è stato uno sviluppo notevole nei consumi di prodotti bio. Abbiamo tutta una serie di dati ancora positivi, ad esempio per quanto riguarda l’export e la crescita del bio nell’Horeca (hotel, ristorazione, esercenti, eccetera, ndr). Ora però c’è un momento di stasi nel mercato interno dovuto alla crisi economica. I cittadini vorrebbero scegliere il biologico, lo dimostra il fatto che aumentano le vendite nei discount. Però c’è un problema di capacità di spesa. Che non deve spingere a fermarsi, ma piuttosto a rilanciare e fare aumentare i consumi di biologico perché servono dal punto di vista ambientale, della salute, della biodiversità. Ma anche dal punto di vista economico. Perché gli agricoltori bio hanno una possibilità maggiore di valorizzare il proprio prodotto anche da questo punto di vista.

Nel suo intervento ha detto: «A chi dice che il bio è un lusso che in questo momento non ci possiamo permettere dobbiamo rispondere che in realtà è una soluzione». Perché?

Perché il modello di agricoltura intensiva è una delle cause dei cambiamenti climatici e si basa su sistemi che utilizzano molta energia, oltre a prodotti derivati dal petrolio (come concimi e antiparassitari). È un modello che si basa sul produrre sempre di più non per garantire un diritto al cibo a tutte le persone, ma per abbassare il prezzo all’agricoltore. E al tempo stesso per aumentare i consumi vendendo tanti prodotti a basso costo che poi finiscono nei rifiuti. È un sistema agricolo e alimentare sbagliato che crea spreco, inquinamento e che non ha risolto il problema della fame. Anzi. Tutti dicono che dobbiamo aumentare la produzione, ma produciamo cibo per 12 miliardi di persone, quando al mondo siamo 8 miliardi. E nonostante questo 900 milioni di persone soffrono la fame.

Cosa propone?

Innanzi tutto, bisogna cambiare il modello di produzione. Serve un nuovo modello orientato all’agroecologia. A lavorare in armonia con la natura usando ricerca, conoscenza, innovazione ma per rispettarne le regole, non per dominarla. Al tempo stesso bisogna cambiare anche il modello dei consumi, tornando a insegnare alle persone a comprare prodotti di stagione – che sono più salutari, e richiedono meno energia per essere prodotti – e a consumare il prodotto fresco e vicino al luogo di produzione. Così si evita un dispendio energetico inutile. I prodotti tradizionali dei Paesi che sono sempre stati motivo di commercio internazionale, lo saranno sempre. Ma frutta, verdura, latte, pane, vanno comprati vicino al luogo di produzione. Non possiamo permetterci di far girare il mondo alle pere o alle mele. Quindi: stagionalità, comprare prodotti freschi vicino al luogo di produzione, evitare lo spreco alimentare e ridurre il consumo di carne. Questi principi fondamentali garantiscono un modo diverso di produrre e di consumare che alla fine costerà se non uguale, addirittura meno di quello attuale. È inutile comprare tanto cibo per poi buttarne una parte. Compriamone meno ma di miglior qualità.

Siamo leader a livello europeo nella produzione biologica, ma siamo in coda nei consumi. Come mai?

Sicuramente c’è un problema di informazione e di comunicazione nei confronti dei cittadini. Nel nostro Paese c’è una cultura alimentare della qualità del cibo molto diffusa. Però bisogna spiegare che la qualità, il sapore e quello che è il legame con il territorio di un prodotto, uniti alla produzione bio, hanno un valore ancora più alto. Sia per le persone dal punto di vista nutrizionale, che per il territorio. Se tu vuoi valorizzare un prodotto locale, devi partire da un metodo produttivo che rispetta il territorio, che non inquina, che mantiene la biodiversità e che preserva il paesaggio. Il lavoro da fare è proprio quello di comunicare ai cittadini i valori del biologico e questo può essere uno strumento fondamentale anche per aumentarne i consumi. […]

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FONTE


TESTATA: Valori
AUTORE: Alessandro Longo
DATA DI PUBBLICAZIONE: 12 dicembre 2022