Per l’associazione serve una Commissione unica nazionale indipendente che regoli il mercato del biologico in maniera autonoma da quello convenzionale e che stabilisca il giusto prezzo per categoria merceologica
Una Commissione unica nazionale indipendente che regoli il mercato del biologico in maniera autonoma da quello convenzionale e che stabilisca il giusto prezzo per categoria merceologica. È la richiesta avanzata dalle 14 associazioni aderenti a Federbio, che – a più di un anno dalla presentazione del “Manifesto dei produttori”, l’agenda che detta le priorità del comparto – si sono riunite a Roma nella seconda assemblea dei produttori biologici e biodinamici.
Il comparto, intanto, migliora la performance: l’indagine Nomisma presentata in assemblea fotografa – a settembre scorso – volumi e valori in crescita (i dati sono tendenziali) rispettivamente del 4,9 e del 4,5%. A luglio 23 il fatturato toccava i 9 miliardi di euro (di cui 5,4 derivanti dal mercato interno, 3,6 miliardi dall’export). Sempre Nomisma ci dice che rispetto al 2012 è cresciuto esponenzialmente il numero di famiglie che ha acquistato bio almeno una volta l’anno: si è infatti passati dal 53% al 90%, un trend trainato soprattutto da vegetariani, laureati, millenials e famiglie con bambini, che del mercato del bio rappresentano i frequent users.
L’assemblea che si è svolta presso la sede della Cia-Agricoltori è stata l’occasione per ricordare come il target Farm to Fork del 25% di superficie agricola europea coltivata a biologico entro il 2030, rappresenti un cambiamento epocale per il bio, che da segmento produttivo di nicchia diventa strumento di politica agricola europea. E questo vale a maggiore ragione per l’Italia, che il target dovrà raggiungerlo con tre anni di anticipo (al 2027) e che pertanto rivendica un alleggerimento sul fronte burocratico, invocando una serie di misure: sistema unico di certificazione, piani di controllo standard, tariffari uniformi e un’unica piattaforma d’interscambio delle informazioni. […]