Intervista a Maria Grazia Mammuccini, con le proposte per il Piano strategico nazionale da chiudere entro dicembre

È una corsa contro il tempo per arrivare all’appuntamento di fine anno con la presentazione a Bruxelles del Piano strategico nazionale (Psn) che permette di usufruire dei fondi della Politica agricola comune (Pac), ma anche di agire in autonomia su alcuni punti strategici. Il 31 dicembre è alle porte, ma con molta probabilità ci sarà uno slittamento nella consegna di qualche settimana. Un tempo utile per modificarlo, propongono le associazioni biologiche e ambientaliste, tutt’altro che soddisfatte dell’attuale bozza.

“Eravamo partiti con un’idea positiva del Piano strategico nazionale, con il biologico ben inserito nella prima bozza degli eco-schemi. La situazione poi è mutata in negativo. Il biologico è stato relegato in un ruolo marginale: su nove obiettivi è stato inserito solo in quello relativo allo sviluppo sostenibile”, afferma Maria Grazia Mammuccini, presidente di FederBio e imprenditrice agricola. “Incomprensibilmente non è stato incluso nell’obiettivo relativo al reddito degli agricoltori e neppure in quello sullo sviluppo del mercato. Il biologico rappresenta, invece, uno strumento concreto per incrementare il reddito degli agricoltori: migliora la qualità dei prodotti legati al territorio, accrescendone il valore con la sostenibilità ambientale. Il fatto che non sia stato inserito neppure negli obiettivi legati al clima e alla biodiversità è addirittura paradossale. Ci sono molte evidenze scientifiche che attestano come l’agricoltura biologica contribuisca, in maniera significativa, a contrastare il cambiamento climatico, a preservare la fertilità dei terreni e a tutelare gli ecosistemi e la biodiversità”.

Mammuccini, con l’attuale bozza del Piano strategico nazionale cosa rischia il settore del biologico?

“Rischiamo di perdere un’occasione storica. L’Europa con il Green Deal e le Strategie di attuazione sta puntando decisamente sullo sviluppo agroecologico dei sistemi agricoli con l’obiettivo di triplicare la superficie agricola coltivata a biologico a livello europeo. Per questo ha dato indicazioni agli Stati membri di inserire nei Piani strategici nazionali iniziative e strumenti per fare del biologico un elemento fondante della transizione ecologica. Se supportata adeguatamente, l’Italia può raggiungere facilmente il 30% di superfice coltivata a biologico nel 2027 e l’agroecologia può diventare il motore di rilancio dell’intero sistema agroalimentare nazionale. Siamo leader in Europa per il bio e senza una visione strategica per il futuro il rischio è lasciare i supporti e i fondi Ue ad altri Paesi europei, perdendo un’opportunità importante non solo per il biologico, ma per l’intero sistema agricolo italiano. La transizione agroecologica può offrire soluzioni innovative anche per le altre forme di agricoltura”

Quali misure chiedete che vengano inserite?

“A inizio dicembre abbiamo scritto, insieme ad Aiab (Associazione italiana agricoltori biologici, ndr), al ministro dell’Agricoltura Stefano Patuanelli per evidenziare come il Piano strategico nazionale non valorizzasse concretamente il biologico, l’unico sistema regolamentato a livello europeo che certifica la sostenibilità dei processi agricoli. In concreto chiedevamo il riconoscimento esplicito del ruolo trasversale dell’agricoltura biologica in tutti gli obiettivi del Psn e di puntare al raggiungimento del 30% di Sau (Superficie agricola utilizzata, ndr) biologica entro il 2027, obiettivo realizzabile destinando ai sistemi biologici almeno il doppio delle risorse rispetto alla programmazione precedente. Abbiamo indicato l’esigenza di stanziare complessivamente 900 milioni di euro sia attraverso un eco-schema per il biologico nel primo pilastro della Pac, che attraverso le misure agro-climatico-ambientali dello sviluppo rurale di competenza delle Regioni”.

Il ministro Patuanelli vi ha risposto?

“Abbiamo avuto un lungo e costruttivo incontro con il ministro. Sul ruolo del biologico all’interno del Piano strategico nazionale sono stati fatti alcuni passi avanti importanti rispetto agli elementi critici che avevamo indicato nella lettera inviata al Mipaaf. In particolare, abbiamo considerato soddisfacente l’obiettivo del raggiungimento del 25% della superficie a biologico entro il 2027, supportato dall’indicazione di un obiettivo minimo di copertura finanziaria a disposizione del settore di circa un miliardo di euro in cinque anni, da aggiungersi alle risorse già stanziate. Significativo, inoltre, che questo intervento divenga parte integrante del Piano d’azione sul biologico che il ministero si è impegnato a varare nel corso del 2022. Attendiamo adesso la stesura del Psn dove occorre che tali proposte si concretizzino evidenziando l’esigenza di dare valore al ruolo trasversale del biologico con la destinazione di risorse su interventi strategici come consulenza, formazione, innovazione, cooperazione territoriale per la valorizzazione dei distretti biologici, informazione e comunicazione per l’aumento dei consumi di prodotti bio”.

Al tavolo del Piano strategico nazionale chi rema contro il bio?

“Rema contro il biologico chi continua ad avere un atteggiamento conservativo che punta a preservare il sistema attuale, implementato magari da nuove tecnologie, e non favorisce l’affermazione di un nuovo paradigma fondato sull’agroecologia che oggi molte istituzioni a livello internazionale indicano come l’approccio più sostenibile dal punto di vista economico, sociale e ambientale. Non possiamo attendere oltre, è giunto il momento di dare valore ai prodotti, investendo sia sulla qualità e distintività delle produzioni che sulla sostenibilità, anche perché cercare di ridurre ulteriormente i costi di produzione volendo conciliare legalità, sostenibilità ambientale e qualità del cibo è ormai impossibile”.

Avete denunciato anche un approccio al benessere animale nel Psn privo di etica e visione strategica. Perché?

Sul benessere animale è in fase di discussione un sistema di qualità nazionale che individua un approccio basato sulla riduzione dell’uso di antibiotici che finirebbe però per premiare lo stesso gli allevamenti intensivi che ne fanno largo uso, mentre il biologico li sostituisce con prodotti omeopatici o fitoterapici. Sarebbe quindi un paradosso inaccettabile. Ecco perché con Aiab abbiamo scritto al ministro dell’Agricoltura per prevedere delle modifiche nel Psn a favore della zootecnia bio basata su tecniche che rispettano il benessere degli animali, dando loro accesso ogni giorno a pascoli e spazi aperti e facendoli vivere in un ambiente dove la densità è limitata. Le nostre indicazioni sono state accolte. Nella nuova stesura del Psn si prevede una base minima per i premi sulla riduzione degli antibiotici e un secondo livello con premi più elevanti per il biologico e l’allevamento al pascolo”.

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FONTE


TESTATA: Huffpost
AUTORE: Giorgio Vincenzi
DATA DI PUBBLICAZIONE: 21 Dicembre 2021