“Abbiamo pensato di rimanere sempre sani in un mondo malato”. Le suggestive parole pronunciate da Papa Francesco in occasione della benedizione Urbi et fine marzo scorso offrono uno spunto di riflessione per tutti. Da questa prendono ispirazione anche alcune delle valutazioni proposte in questo particolare contesto storico dalla Presidente di FederBio, Maria Grazia Mammuccini. Con l’emergenza pandemica c’è stata in Europa una presa di coscienza della necessità di puntare ancora di più oggi, su un modello produttivo in maggiore armonia con la natura.

“Già prima della crisi Covid-19, verso la fine del 2019 – chiarisce Mammuccini – la Commissione europea aveva lanciato il suo Green Deal: un piano a lungo termine con l’obiettivo di fare la propria parte per ridurre il riscaldamento globale, portando progressivamente il Vecchio Continente a raggiungere la neutralità climatica entro il 2050. In questo piano si riconosce il ruolo decisivo di un sistema produttivo che, come quello biologico e biodinamico, è in linea con il concetto di agroecologia“.

Lo scorso maggio, anche sotto la spinta della crisi sanitaria, la Commissione ha prodotto un ulteriore documento denominato Farm to Fork, nel quale sono illustrate alcune delle strategie per attuare quel Green Deal. I punti principali del documento, evidenziati da FederBio, sono sostanzialmente tre e hanno tutti il 2030 come orizzonte temporale: in primo luogo il raggiungimento di almeno il 25% di superficie agricola coltivata a biologico; in seconda istanza la riduzione del 50% dei pesticidi di sintesi chimica e in terzo luogo la riduzione, sempre del 50%, dell’uso di antibiotici negli allevamenti.

“Raggiungere il 25% di superficie agricola bio – spiega Mammuccini – significa praticamente triplicare la quota europea attuale che è del 7,9 per cento. Dimezzare pesticidi e antibiotici inoltre vuol dire introdurre criteri e soluzioni del biologico anche nel convenzionale: un cambiamento importante per chi ha a cuore l’ambiente e che potrebbe eventualmente incoraggiare ad alzare ulteriormente gli standard del bio. L’Unione europea intende inoltre destinare risorse specifiche al raggiungimento di questi obiettivi e, a tale scopo, ha aperto all’inizio di settembre una consultazione pubblica sul piano d’azione per il biologico, definendo, per il 2021, lo stanziamento di 40 milioni di euro per le politiche di promozione del bio“.

La spinta che proviene dall’Europa potrebbe insomma rappresentare un volano importante per il nostro Paese, leader europeo per numero di aziende biologiche (attualmente circa 79mila), primo per export a valore e terzo, dopo Spagna e Francia per superfici (con quasi 2 milioni di ettari).

“Attualmente – illustra Mammuccini – la percentuale di terreno biologico in Italia è del 15,5%. Una quota molto superiore alla media europea. In tale contesto i giovani imprenditori del settore agricolo hanno un ruolo particolarmente importante. Sono infatti soprattutto costoro a saper guardare a questo modo di fare agricoltura, non solamente perché si tratta di una scelta significativa sul piano etico, ma anche perché prevede un approccio professionale più qualificante e redditizio. Nonostante abbiamo una legge sul bio che è stata approvata quasi all’unanimità alla Camera, è ferma da circa due anni in Senato. Una situazione oggi più che mai ingiustificata, a maggior ragione a fronte degli incentivi in arrivo dall’Europa. È infatti evidente che la chimica di sintesi rappresenta un modello sempre meno sostenibile e persino le multinazionali dell’agrochimica stanno puntando sull’innovazione e guardano a nuovi prodotti di origine naturale. La produzione biologica è quindi destinata a crescere ma, se cresce, tutto il sistema deve fare un salto di qualità che gli consenta di funzionare al meglio in termini di organizzazione, ricerca, formazione e informazione. Per questo l’approvazione della legge diventa fondamentale.”

“Tutto questo – spiega Paolo Carnemolla, Segretario Generale di FederBio – sta comportando la necessità di misurarsi con sfide e situazioni nuove, che rendono più evidente la necessità non solo d’innovazione e ricerca, ma anche di trasferimento alle imprese delle nuove conoscenze acquisite”.

Anche in questa logica, alla fine dello scorso anno, è stato lanciato da FederBio Servizi e Centoform il progetto Start Up Bio, che coinvolge anche Spagna, Portogallo e Grecia e propone una formazione qualificata e innovativa ai nuovi giovani agricoltori interessati a valutare percorsi di start up di aziende agricole bio e agli imprenditori agricoli già attivi che intendano convertire i propri sistemi di produzione passando al biologico.

“Si tratta – prosegue Carnemolla – di un primo tentativo di creare una rete di imprese innovative bio nell’Europa mediterranea, base produttiva agricola di tutto il biologico europeo. Proprio nel corso del prossimo mese di novembre saranno definiti i criteri per aprire il bando. Puntiamo, in ciascun Paese, a formare 80 nuovi agricoltori biologici, per un totale di 320 operatori“.

Il risultato atteso al termine del progetto è aver supportato l’avvio di almeno dieci nuove imprese bio e di aver co-gestito con gli imprenditori almeno 100 conversioni di aziende agricole dal metodo convenzionale al biologico. […]

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FONTE


TESTATA: Food
AUTORE: Chiara Cammarano
DATA DI PUBBLICAZIONE: 1 ottobre 2020