“Un punto chiave sono le norme per la tutela delle produzioni biologiche dalle contaminazioni accidentali e invece il Piano d’Azione Nazionale per l’uso sostenibile dei pesticidi è un fantasma: è scaduto nel 2019 e da allora se ne sono perse le tracce”
“Nell’Unione Europea dobbiamo arrivare al 25% di campi bio entro il 2030 e il nostro Paese ha scelto di anticipare questo traguardo al 2027. È un obiettivo indispensabile per difendere la biodiversità, per frenare la crisi climatica e l’erosione dei terreni, per migliorare l’offerta alimentare. Ma ci vuole coerenza tra obiettivi e strumenti. Un punto chiave sono le norme per la tutela delle produzioni biologiche dalle contaminazioni accidentali e invece il Piano d’Azione Nazionale per l’uso sostenibile dei pesticidi è un fantasma: è scaduto nel 2019 e da allora se ne sono perse le tracce. Nel mentre il governo emana decreti per dare attuazione alla nuova normativa europea del biologico”. Maria Grazia Mammuccini, presidente di FederBio, commenta l’ultimo decreto del governo sul biologico.
È un decreto sulle “contaminazioni accidentali”: che significa?
Parliamo della possibilità che i raccolti possano essere contaminati da prodotti non ammessi dal disciplinare del biologico. Facciamo un passo indietro. L’Italia, ormai da 13 anni, applica nel modo più rigoroso questa normativa perché dichiara irregolari i prodotti bio se si trova una traccia delle sostanze vietate pari allo 0,01% parti per milione. Si tratta del limite tecnico, cioè il limite di quantificazione degli strumenti e dei metodi di analisi che vengono utilizzati. Altri Paesi hanno un margine di tolleranza molto più alto purché l’organismo di certificazione dichiari che si tratti di una contaminazione accidentale. Con questo decreto, che è ancora in bozza, si riconosce la possibilità che in caso di contaminazione accidentale il prodotto possa essere certificato mantenendo un limite di residuo molto rigoroso, a tutela dei produttori biologici vittime di contaminazioni accidentali e ambientali e a garanzia dei valori e della distintività dei prodotti biologici nei confronti dei cittadini.
Il fatto che non siano stati usati pesticidi di sintesi chimica è però la caratteristica principale di un alimento bio. Allentare questa garanzia ha senso?
Secondo me no: il consumatore del bio deve avere il massimo delle garanzie, ma anche il produttore biologico deve essere tutelato. Il punto è un altro. Il punto è che finora la contaminazione accidentale l’ha pagata sempre e comunque l’agricoltore biologico, oltretutto senza avere strumenti di tutela. Perché i casi sono due. I raccolti bio hanno tracce di sostanze non ammesse perché il titolare dell’azienda ha commesso un errore e allora la contaminazione non è accidentale e la responsabilità è sua. Oppure, ed è il caso di gran lunga più comune, le sostanze vietate sono arrivate da un’area vicina o da acque o terreni contaminati. Immaginiamo che un vigneto bio confini con un campo di mais convenzionale e che nelle uve bio si trovino tracce di un diserbante usato per il mais. È chiaramente una contaminazione accidentale. E con la normativa attuale paga il bio che è costretto a vendere il prodotto come convenzionale, ma di chi è la colpa?.
Sono casi che potrebbero essere ridotti usando fasce di rispetto tra un tipo di coltivazione e l’altro.
Certamente. Ma ripeto, la domanda sul chi paga non è marginale. Oggi le fasce di rispetto sono a carico del produttore bio che è costretto a gestire e raccogliere separatamente il prodotto a rischio contaminazione, ad esempio al confine con aziende che non sono bio, con costi ulteriori e dovendo venderlo come convenzionale. Abbiamo un inquinato e un inquinatore e il conto lo paga l’inquinato. Le sembra giusto? E quando per fortuna non succede niente di grave, cioè si fanno le analisi sul prodotto bio e tutto risulta a posto il costo delle analisi chi lo paga, il potenziale inquinato o il potenziale inquinatore? Lo paga sempre il potenziale inquinato, cioè l’agricoltore bio e dunque alla fine anche il cittadino che sceglie i prodotti bio.
Con questo decreto cosa cambia?
Per la prima volta viene riconosciuto il principio della contaminazione accidentale, e questo è un aspetto positivo. Manca però tutto il resto, cioè misure coerenti per evitare le contaminazioni accidentali e il riconoscimento delle responsabilità effettive di tali contaminazioni. Questa mancanza di un quadro normativo – che spetta al PAN, il Piano d’Azione Nazionale sull’uso sostenibile dei prodotti fitosanitari – è il nodo centrale da sciogliere. Alzare il livello della contaminazione accettabile, come succede in altri Paesi anche europei, sarebbe invece un grave errore: rischierebbe di minare la fiducia dei consumatori, di diventare un autogol per il biologico. […]