La mia avventura con la biodinamica è nata da un dispiacere infantile, quando nelle campagne della nostra azienda notavo con dolore, verso maggio, che il possente corale delle rane nelle risaie si arrestava. Lo sapevo: erano stati messi i diserbi! La soluzione mi venne offerta quando scoprii, in un ospedale svizzero, che le rane avrebbero potuto continuare a cantare coltivando con il metodo biodinamico, che offriva vantaggi superiori sia per la salute della terra sia per quella del consumatore. Così iniziò la grande avventura. Non fu semplice trasformare i terreni sabbiosi del Ticino. Tra l’ironia del vicinato (che però la sera veniva a perlustrare l’evolversi delle colture) e la perplessità dei lavoranti, l’esperimento andò avanti. Era il 1974 e certe espressioni come “ecologia”, “biologico” e ” biodiversità” si stavano diffondendo ed entrando nel linguaggio comune. 

La terra è diventata quasi materia morta. Mi chiedo quale salute portano all’uomo i prodotti che germogliano, crescono e maturano in questo ambiente sterile. Altri aspetti sollecitano il diffondersi dell’agricoltura biologica e biodinamica. Il paesaggio, per esempio. Lo sviluppo del paesaggio è un obiettivo primario del metodo biodinamico, nel quale vengono prese in seria considerazione le relazioni reciproche tra colture, alberi, insetti, cioè la biodiversità. È proprio il paesaggio uno degli obiettivi principali su cui deve puntare il nostro turismo per l’unicità della nostra arte e la grande varietà del nostro territorio. Cosa sarebbe l’Italia se non ci fossero i vigneti, le colline digradanti di olivi, i viali di cipressi e le pianure allagate delle risaie che riflettono i filari di pioppi? Il turismo, inoltre, genera occupazione e indotto. Potrebbe essere una delle più floride industrie italiane, se pianificato e tutelato. Spero che nel mondo politico maturi questa consapevolezza.

Un altro punto da ricordare è l’assetto idrogeologico del terreno. Il taglio degli alberi, la cementificazione dei torrenti, la costruzione di strade, molte delle quali inutili, distruggono il tessuto del terreno provocando catastrofi naturali con enormi danni per gli abitanti e le casse dello Stato. Anche qui l’agricoltura biodinamica potrebbe rappresentare una ragionevole prevenzione. Concludendo: ma allora noi biologici e biodinamici siamo poi alla lunga davvero così antichi o scriteriati?  […]

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FONTE


TESTATA: La Repubblica
AUTORE: Giulia Maria Crespi
DATA DI PUBBLICAZIONE: 20 luglio 2020