La transizione ecologica rischia già la sua prima battuta d’arresto. Si tratta dell’attesa legge 988 sull’agricoltura biologica, che potrebbe saltare a un passo dall’approvazione perché l’Italia, è il caso di dirlo, sembra aver pestato un grosso cornoletame. Pietra dello scandalo è un comma che equipara a quella biologica la meno nota agricoltura biodinamica, che appunto contempla procedimenti quali l’interramento di corna di vacca riempite di letame per stimolare la fertilità del terreno.

Stregoneria”, tuona una parte del mondo scientifico a partire dalla senatrice a vita Elena Cattaneo, che chiede ora di modificare la legge cancellando ogni riferimento alla biodinamica perché “una pseudoscienza non può ricevere finanziamenti pubblici”. Bando alle streghe, dunque? Non proprio. “La legge non assegna i fondi europei ai coltivatori biodinamici in quanto tali, ma solo in quanto agricoltori biologici”, spiega il presidente dell’Associazione per l’agricoltura biodinamica Carlo Triarico. Insomma, i finanziamenti li prenderebbero lo stesso perché, aggiunge, “per fare biodinamica bisogna innanzitutto ottenere la certificazione biologica secondo la vigente normativa europea”.

Un’evidenza che però non basta a placare gli animi di chi considera pericolosa anche la sola menzione formale. Anzi, gli attacchi aumentano ben oltre la sfera scientifica, e la biodinamica viene accusata di truffare i consumatori. “Tutt’altro, si tratta della punta più avanzata dell’agricoltura biologica”, sostiene la presidente di FederBio Maria Grazia Mammuccini. E a ben guardare ci si trova di fronte a un paradosso. Perché se da un lato questi contadini devono difendersi da accuse medievali, dall’altro rappresentano un’avanguardia già dotata di regole che l’Unione europea mette tra gli obiettivi per il 2030. Come la destinazione di parte dei terreni agricoli allo sviluppo della biodiversità o il riciclo in azienda di tutte le sostanze organiche prodotte.

In biodinamica, oltre ai più famosi preparati, tra cui il cornoletame, ci sono pratiche discusse come la macerazione di erbe all’interno di vesciche animali. Ma non sono dovuti passare cent’anni perché la legge si accorgesse dei preparati biodinamici. “Si tratta di cose che troviamo in commercio. Il loro utilizzo come corroboranti del terreno è normato a livello europeo e italiano, e la loro commercializzazione risponde a espliciti decreti ministeriali e al vaglio periodico di una commissione di tecnici di diversi ministeri che ha sempre rinnovato la loro ammissibilità tra i prodotti adatti alle colture biologiche e biodinamiche”, spiega Mammuccini di FederBio.

Il cornoletame si può acquistare anche online, più comunemente sotto la sigla 500 o 500K. Eppure, anche nel mondo accademico, le posizioni si differenziano. L’ecologista di fama internazionale Nadia Scialabba, per trent’anni alla Fao e oggi impegnata nella ricerca sul cibo sostenibile all’Arizona State University, sostiene che la particolare diversificazione delle coltivazioni biodinamiche unitamente all’attenzione alla biodiversità, non solo garantiscano la maggiore fertilità dei terreni, ma anche raccolti che in caso di siccità superano del 40% quelli dell’agricoltura convenzionale. Non proprio un optional se è vero quel che afferma Coldiretti: “La siccità rappresenta l’evento climatico avverso più rilevante per l’agricoltura italiana con danni stimati in media in un miliardo di euro l’anno”. Altri studi attribuiscono ai terreni coltivati con metodo biodinamico la capacità di trattenere fino al 55% di acqua in più rispetto a campi coltivati in modo convenzionale, e questo grazie alla cura dell’humus, la componente organica del suolo che trattiene acqua e nutrienti e che nelle colture biodinamiche può arrivare a costituire anche al 70 per cento del terreno.

Dopo Germania e Francia, oggi l’Italia è il terzo paese per superficie coltivata con metodo biodinamico. La Démeter Italia è l’associazione privata di produttori che certifica il biodinamico, ancora oggi nel rispetto dell’eredità steineriana. Non è la sola ma è la più conosciuta e datata. Esiste da ottant’anni e fa riferimento alla Federazione biodinamica Démeter iternational.

E allora perché tanto rumore? Perché oltre le accuse e gli appelli di alcuni scienziati la polemica è diventata un polverone mediatico? La posta in gioco l’ha definita l’Unione europea stabilendo che entro il 2030 il biologico dovrà occupare il 25 per cento di tutte le coltivazioni agricole. Un obiettivo che vede in vantaggio noi italiani, con la media Ue che è all’otto per cento e la nostra che è già al 15,8 per cento. Ma la strada è ancora lunga e comporta la riallocazione di molte risorse, a partire dai fondi europei per l’agricoltura dell’intero decennio, la cui destinazione andrà decisa entro l’anno anche in Italia. Le sfide del Green Deal europeo e le sue strategie imporranno necessariamente lo spostamento di parte dei finanziamenti dalle produzioni convenzionali a quelle biologiche.

Al netto di commi, dogmi e legittime opinioni, è più utile pretendere l’abiura o arruolare questi agricoltori alla causa della transizione ecologica? Qualche settimana fa, in una azienda vinicola della Valpolicella dove era in corso una degustazione, l’enologo ha raccontato ai presenti come sia ancora molto diffusa l’usanza delle “crosette”, piccole croci di legno d’ulivo poste all’inizio di ogni filare, per proteggere la coltura e il raccolto, “anche dalla grandine”. Di fronte ai sorrisi bonari di qualche presente, l’enologo si è sentito in dovere di precisare: “I titolari dell’azienda sono molto credenti”. Si sarebbe potuto obiettare che non vi sono evidenze scientifiche a giustificazione di tali pratiche. Si è preferito comprare il vino. Era buono […]

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FONTE


TESTATA: Il Fatto Quotidiano
AUTORE: Franz Baraggino
DATA DI PUBBLICAZIONE: 29 giugno 2021