Le associazioni del biologico chiedono che vengano snellite le procedure burocratiche per garantire la fruizione dei fondi messi a disposizione per l’uscita dall’emergenza economica e sociale. Per oltre due aziende su tre del settore biologico, la possibilità di reggere alla crisi economica sopraggiunta a causa dell’emergenza sanitaria, è di massimo tre mesi. È questo uno dei primi dati dell’analisi voluta e sviluppata dalle tre maggiori organizzazioni del comparto, Aiab, FederBio e Assobiodinamica, a partire da una proposta della Fondazione italiana per la ricerca in agricoltura biologica e biodinamica (Firab), per rilevare l’impatto della pandemia da Covid19 sul biologico. Il sondaggio è stato somministrato alle realtà del settore a partire dal 25 marzo e per tutta la durata del lockdown. I primi risultati, elaborati da Firab, sono relativi alle risposte fornite da quasi 400 produttori biologici italiani alla data del 29 aprile.

Un dato saliente che emerge dalla rilevazione è che tre quarti delle aziende bio, il 73%, è stata investita dalla crisi legata alla pandemia. In termini di liquidità, per oltre due aziende su tre, il 65%, la tenuta economica è al massimo di tre mesi. Le difficoltà maggiori sono state incontrate dai produttori legati ai canali di distribuzione che
prevedono maggiore mobilità delle persone, come il raggiungimento delle aziende che praticano vendita diretta, o di socializzazione, come l’Ho.Re.Ca (settore alberghiero, ristorazione, bar, coi quali collaborano un terzo dei rispondenti) e altre forme di ristorazione. Un impatto significativo in alcune aree del Paese è dovuto all’impedimento di tenere mercatini e fiere, fondamentali per il 24% degli intervistati. Considerato che il 66,3% delle realtà ha operato in passato anche in vendita diretta, il 27% tramite cooperativa/consorzio, attraverso i gruppi di acquisto solidale (Gas) il 22% dei rispondenti.

Tra le aziende che hanno stimato di poter resistere ancora un anno, poco meno del 10%, a prescindere dalla classe di fatturato, molte hanno registrato un aumento delle richieste on line e della consegna a domicilio. I dati del sondaggio evidenziano come siano le medio-grandi imprese, a fronte di una capacità tempestiva di riorganizzare il proprio business, ad avere più strumenti per garantire una maggior tenuta. Il 16 % delle aziende si avvale appunto dell’e-commerce.

«Le nostre aziende – dichiarano le associazioni di categoria del biologico – hanno in primo luogo bisogno di ascolto, come testimonia l’ampia adesione a questo sondaggio. Le esigenze dei produttori biologici vanno comprese e servono misure adeguate, se si vuole salvare un comparto fondamentale per una “fase 2 green“. Chiediamo dunque che venga snellita la procedura burocratica per garantire la fruizione dei fondi messi a disposizione per l’uscita dall’emergenza economica e sociale. Abbiamo infine una proposta concreta, oltre alla liquidità necessaria subito, che comporta solo un’azione di snellimento burocratico e organizzativo: si renda immediatamente efficace l’erogazione di risorse della Politica agricola comunitaria (Pac) e del Programma di sviluppo rurale (Psr) già a bilancio, che non derivano da prestiti o debiti per Stato o Regioni».

La maggioranza delle aziende che ha partecipato alla rilevazione è composta da realtà di piccole dimensioni (49%) che realizza un fatturato inferiore a 50 mila euro; per il 33% da imprese che generano 250 mila euro all’anno. Tra le imprese di maggiori dimensioni, il 9% ha un giro d’affari entro il milione di euro, il 5% al di sotto dei 500 mila euro annui, il 9% oltrepassa il milione, in pochi casi raggiunge i 10 milioni. Il 64% del campione commercializza ortofrutta, il vino e l’olio rispettivamente per il 28 e il 27%, il 20% cereali e legumi. […]

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FONTE


TESTATA: Terra è Vita
AUTORE: Guido Trebbia
DATA DI PUBBLICAZIONE: 06 maggio 2020