Quello che una volta era un frigorifero ripieno di bocconi di carne in vaschette di polistirolo più o meno anonime, offre adesso grandi alternative. Sono aumentate le indicazioni di provenienza, per cui si trova più o meno ovunque la Fassona piemontese, la Chianina Toscana, la Marchigiana e poi i tagli esteri più noti come la Manzetta prussiana. Oltre la provenienza, che non sempre garantisce qualità, troviamo sui pacchetti altri loghi: Consorzi di valorizzazione, marchi del distributore. Poi viene la parte verde dei frigoriferi, quella che indica la carne certificata biologica e anche qui, il nostro povero cliente a domandarsi che fare. Tanta quella bianca, di pollo o tacchino; un po’ più rara quella rossa, di manzo e maiale. Ci sono delle ragioni storiche e più semplicemente di prezzo.

La FAO prevede che il consumo di carne nel 2020 diminuisca di quasi il 2% a causa della pandemia. Il mercato nostrano della carne, invece secondo l’ultimo rapporto Ismea, patisce una forte contrazione della produzione di carne bovina, che tocca il 13,6% (nei primi sei mesi dell’anno), una riduzione di quella suina, intorno al 20% e una tenuta delle carni di pollo che rimane ai livelli del 2019. Diversa e opposta la situazione nel mercato più ristretto delle carni di qualità e certificate. Quelle che rispettano i disciplinari bio, ad esempio hanno avuto una crescita complessiva rilevante, del 66% rispetto all’anno precedente, sempre secondo ISMEA. Quali sono le ragioni di questi spostamenti di consumi? Deviazioni della società del benessere e dell’opulenza, direbbero alcuni. Altri, più saggiamente sostengono che sia il segno di una società che sta cambiando, soprattutto nella fascia più giovane della popolazione. La carne sta diventato un prodotto da rispettare e da mangiare saltuariamente, anche per contenerne l’impatto ambientale e per una crescita nella diffusione della dieta vegetariana. Scelte che vanno di pari passo a nuovi concetti come il benessere animale che si pone l’obiettivo di far rispettare quelle bestie che da secoli ci forniscono il sostentamento.

Il Bio è stato considerato inizialmente come un fenomeno per pochi adepti, prima vegani, vegetariani e cultori della scelta naturale. Con l’allargarsi di domanda e offerta e la discesa keynesiana dei prezzi, si è assistito all’allargamento della base, che ha portato dagli anni 2000 i prodotti bio sino nella grande distribuzione organizzata; prima con poche referenze, poi con interi reparti, togliendo a mano a mano quel velo di lusso che si era creato nelle città, dietro ai prodotti con il suffisso bio.  «Si comprava biologico per la minor presenza di residui chimici, adesso lo si fa per ridurre l’impatto e la sostenibilità produttiva sul pianeta», come ci racconta Paolo Carnemolla, segretario generale di FederBio, una delle più rilevanti associazioni di produttori che aderiscono al disciplinare biologico.

Oggi i consumatori sono più spesso i millennials e giovanissimi, i compagni di Greta; sono loro i nuovi influencer del cibo che stanno spingendo le proprie famiglie, e tutto il sistema food a variare i propri schemi e offrire valori diversi. «Ormai anche i discount offrono linee bio a proprio marchio e puntano a far crescere la qualità e le garanzie dei propri prodotti pur con l’attenzione al prezzo. Il consumatore sta cambiando le sue abitudini alimentari e sceglie il bio soprattutto nei segmenti come le carni povere, dove il differenziale di prezzo, seppur alto in termini percentuali, non ha un impatto molto forte in valore assoluto», ci racconta ancora Paolo Carnemolla. La carne costa poco di più ed è certificata per cui perché non comprarla? Così i consumi di questa proteina crescono molto di più degli altri, allontanando paure di sfruttamenti delle povere galline e la bassa percezione di qualità attribuita alla filiera.

Insomma, il consumatore davanti al frigo comincia a capire la qualità intrinseca in un prodotto certificato ed è disposto ad accettare per questo, un livello di prezzo più alto, ma la storia gli va raccontata e anche bene. […]

LEGGI TUTTO

FONTE


TESTATA: Linkiesta
AUTORE: Luca Milanetto
DATA DI PUBBLICAZIONE: 29 Dicembre 2020