Le associazioni ambientaliste e del biologico scrivono una lettera indirizzata alla presidente della Commissione europea, Ursula Von der Leyen, invocando ancora più rigore e soprattutto che venga rivista la decisione presa dall’Europarlamento, di non inserire come obbligatori gli obiettivi del Farm to Fork all’interno della riforma della Pac appena votata.

È una battaglia delle lettere, quella che sta andando in scena a Bruxelles e che vede il mondo dell’agricoltura diviso su fronti opposti. Per l’Italia, insieme a Wwf, SlowFoodLegambiente, tra i firmatari della missiva indirizzata alla Vonder Leyen c’è FederBio: «Avere il 25% di superfici coltivate a biologico entro il 2030, così come previsto dalla strategia From Fark to Fork, è troppo poco ambizioso – sostiene la presidente della federazione, Maria Grazia Mammuccini – in Italia già oggi il bio copre il 15,8% della superficie coltivata: potremmo facilmente raddoppiare, dandoci l’obbiettivo del 30% delle terre entro il 2030. Se già oggi il comparto cresce in media del 2% all’anno, è chiaro che si tratta di un obiettivo alla nostra portata».

I consumatori italiani sono dunque pronti a mettere nel carrello un ortaggio o un frutto biologico ogni tre? Oppure si rischia che la domanda non stia dietro all’offerta, con un conseguente calo dei prezzi che metterebbe a rischio il pareggio di bilancio di quegli agricoltori che hanno investito di più proprio per produrre bio? «I dati presentati al Sana di ottobre – ricorda Mammuccini – dicono che nel nostro Paese la superficie coltivata a bio è aumentata del 2% mentre le vendite sono cresciute del 7%. Vuol dire che chi trasforma e distribuisce prodotto bio in Italia, oggi, lo acquista da altre parti del mondo perché non ce n’è abbastanza. Quindi è evidente che il margine di crescita c’è».

Per FederBio, accanto a un fronte europeo, c’è poi anche un secondo fronte nazionale. «Abbiamo appena inviato al governo le nostre proposte di emendamento alla legge di Bilancio per il 2021 – racconta la presidente – per esempio, chiediamo la dotazione di un fondo di milioni di euro dedicato a favorire lo sviluppo delle filiere agricole biologiche. Proponiamo anche l’applicazione dell’Iva agevolata del 2% sui prodotti ortofrutticoli bio, in modo da incentivarne il consumo, e chiediamo l’azzeramento dei costi di certificazione obbligatoria utilizzando il credito di imposta».

Il mondo del biologico è anche in attesa di una legge quadro sul settore promessa da dieci anni e da due è impantanata tra la Camera e il Senato: «Ci avevano detto che sarebbe stata approvata dalla Commissione Agricoltura del Senato entro la fine di novembre ma ad oggi, scorrendo gli Ordini del giorno di Palazzo Madama, della legge sul biologico non c’è traccia – denuncia la Mammuccini -. Siamo preoccupati, per noi questa legge è necessaria per regolamentare quei distretti biologici che sono nati spontaneamente in tutta Italia, così come per creare reti di imprese bio e un’organizzazione interprofessionale che tenga dentro tutta la filiera, dai produttori ai trasformatori, fino alla distribuzione». […]

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FONTE


TESTATA: Il Sole 24 Ore
AUTORE: Micaela Cappellini
DATA DI PUBBLICAZIONE: 4 Dicembre 2020