Intervista alla presidente Maria Grazia Mammuccini. I produttori del settore hanno predisposto un Manifesto con le richieste da presentare a Governo, istituzioni e forze politiche, affinché il comparto possa rappresentare sempre più uno degli asset strategici del made in Italy agroalimentare

Durante la recente assemblea nazionale dei produttori di FederBio – in rappresentanza di 50.000 agricoltori riuniti in 16 associazioni – svoltasi a Roma, è stato approvato, alla presenza del sottosegretario al Masaf Luigi D’Eramo, il Manifesto dei produttori biologici e biodinamici nel quale sono elencate le priorità per lo sviluppo del settore. Di questo ne abbiamo parlato con Maria Grazia Mammuccini, presidente di FederBio.

Nel Manifesto chiedete che la determinazione del prezzo dei prodotti agricoli bio avvenga indipendentemente da quelli convenzionali. Come?

Se da una parte la produzione del biologico sta crescendo, dall’altra stiamo notando una rincorsa al prezzo più basso. Non può essere questa la strada da percorrere. I prodotti biologici hanno dei costi di produzione specifici, che derivano dal metodo di produzione e dalle pratiche agroecologiche adottate, che puntano a tenere insieme il legittimo interesse d’impresa con il bene pubblico della tutela del suolo, della biodiversità, dell’ambiente e della salute delle persone. Il Manifesto dei produttori bio propone al Governo l’istituzione di una Commissione unica nazionale (Cun) che attribuisca un valore economico ai prodotti biologici certificati. Per ottenere il «giusto prezzo» è fondamentale definire delle linee guida del metodo biologico, certificato dal logo europeo, su cui la Cun può calcolare costi di produzione e valore medio del prodotto. Occorre, inoltre, promuovere filiere di made in Italy bio.

Per quanto attiene alla certificazione dei produttori, quali modifiche chiedete?

Il tema delle certificazioni è cruciale per il settore del biologico. Il peso della burocrazia è tale da disincentivare il passaggio dall’agricoltura convenzionale a quella bio, soprattutto per le piccole aziende agricole a conduzione diretta. È arrivato il momento di cambiare rotta. All’agricoltura biologica serve un sistema unico nazionale di certificazione, anche se affidato a più organismi privati, semplificato ma efficace, con piani di controllo standard, tariffe uniformi e formazione obbligatoria per operatori e personale degli organismi di certificazione. Inoltre, è fondamentale che ci sia una semplificazione degli adempimenti attraverso l’utilizzo di piattaforme digitali e la promozione di sistemi di certificazione di gruppo e di autocontrollo a dimensione di filiera o territoriale gestiti da forme organizzate di produttori.

Nelle vostre richieste c’è di poter utilizzare mezzi tecnici acquistati la cui composizione, e in particolare l’assenza di contaminazioni da sostanze non ammesse in agricoltura biologica, sia verificata e garantita con modalità e costi non a carico degli stessi agricoltori. Ci spieghi meglio…

Agroecologia e circolarità sono due parole chiave per il metodo biologico. Sulla base di questi principi, l’utilizzo dei cosiddetti mezzi tecnici, come fertilizzanti e sostanze attive che arrivano dall’esterno, avviene solo quando strettamente necessario, preferendo di gran lunga la circolarità anche nella produzione degli stessi, sia tramite autoproduzione aziendale sia in circuiti organizzati di agricoltori biologici nel pieno rispetto della sicurezza e della legalità. Da qui la richiesta di adeguare la normativa vigente e poter anche operare in deroga dove sia chiaramente dimostrata l’assenza di rischi di tipo sanitario e ambientale, in linea con la strategia europea Farm to Fork. Un quadro normativo che sia coerente e che garantisca parità di condizioni rispetto agli agricoltori biologici degli altri Paesi europei. Inoltre, servono regole chiare e certezza nell’utilizzo di mezzi tecnici acquistati, affinché siano controllati e certificati per garantire l’assenza di contaminazioni con sostanze non ammesse nell’agricoltura biologica, senza che questo comporti costi aggiuntivi per gli agricoltori.

Altra richiesta è di far diventare l’allevamento biologico il modello di riferimento per l’intera zootecnia italiana…

L’allevamento bio come modello di riferimento per l’intera zootecnia è la risposta sia alla crescente sensibilizzazione dei cittadini rispetto al benessere degli animali, sia alla necessità di intervento per contrastare i cambiamenti climatici. Per fare in modo che lo diventi, il Governo deve intervenire con l’applicazione rigorosa delle normative già esistenti, che hanno come riferimento il Green Deal europeo e la trategia Farm to Fork e favorire investimenti in questa direzione attraverso le risorse del Piano strategico nazionale della Pac e del Pnrr.

LEGGI TUTTO

FONTE


TESTATA: L’Informatore Agrario
AUTORE: Giorgio Vincenzi
DATA DI PUBBLICAZIONE: 25 luglio 2023