Anche l’occhio vuole la sua parte tra gli scaffali di un ipermercato. E a volte basta un simbolino, una scritta che chiarisca meglio la bontà di un prodotto che vorremmo acquistare, per essere più sereni e sicuri della scelta. Spesso, per esempio, il marchio Bio è sinonimo di sicurezza alimentare e affidabilità per l’acquisto. Ma addentrandosi tra le diverse etichettature di un prodotto, ci si può trovare anche in una sorta di “Selva oscura della sicurezza alimentare”. Un aspetto (ma non è il solo) affrontato qualche giorno fa a Bologna, nel corso di Marca 2025, il Salone internazionale della marca del distributore, in occasione della presentazione dello studio di Nomisma-AssoBio, fatto conoscere durante il convegno “Oltre il biologico. Innovazione, fiducia e sostenibilità per un nuovo rapporto con il consumatore”.

Nel 2024 almeno un prodotto alimentare di tipo bio è stato acquistato dal 93 per cento della popolazione, anche se spesso i consumatori non ne conoscono tutti gli aspetti. Cresce il prodotto a “Residuo zero”, ma mancano ancora informazioni sull’uso della chimica di sintesi, la sostenibilità e la qualità dei cibi. In pratica, se, da una parte, il marchio Bio resta sinonimo di salubrità e sostenibilità – quest’ultima viene garantita dalla presenza del marchio biologico – dall’altra, per definire l’impatto ambientale di un prodotto, sempre di più il consumatore si affida anche a “Claims on pack” relativi a caratteristiche ambientali e a quelle dei metodi di produzione. Morale della favola? Servirebbe, fanno sapere gli autori dello studio, un po’ più di chiarezza trovandosi al momento della scelta davanti allo scaffale. Tra i “Claims on pack”, troviamo, per esempio, i prodotti a Residuo zero:

«Cresce sempre più l’interesse per i prodotti Bio, ormai scelti, almeno una volta, dal 93 per cento dei consumatori, che hanno un’età dai 18 ai 65 anni (e stiamo parlando di 24 milioni di famiglie): un bel balzo in avanti, considerando che, fino a 12 anni, la percentuale di popolazione propensa all’acquisto di almeno un prodotto bio era del 50 per cento. Ma sui prodotti a ‘residuo zero’ c’è ancora scarsa conoscenza», riporta lo studio.

Chimica di sintesi

Sempre secondo l’indagine Nomisma, la metà dei consumatori intervistati non conoscerebbe la differenza tra prodotto bio ed etichettatura a residuo zero:

«Due consumatori su tre ritengono, erroneamente, che il metodo di produzione collegato a agli alimenti a residuo zero, non preveda affatto l’utilizzo di chimica di sintesi, una percezione particolarmente diffusa tra chi non consuma prodotti biologici». Ed ancora: «Nonostante la maggioranza degli italiani sia perfettamente consapevole delle maggiori garanzie offerte dal marchio biologico (54 per cento), si rileva comunque una quota del 23 per cento di consumatori che considera le referenze senza residui del tutto simili ai prodotti biologici, e un ulteriore 23 per cento ritiene addirittura superiori le garanzie offerte dal claim rispetto al sistema produttivo bio certificato». […]

LEGGI TUTTO

FONTE


TESTATA: Pianeta 2030 (Corriere della Sera)
AUTORE: Peppe Aquaro
DATA DI PUBBLICAZIONE: 21 gennaio 2025