Nella sua lettera pubblicata il 14 giugno, Carlo Petrini ha inquadrato perfettamente il tema della sostenibilità dei sistemi agro-alimentari, evidenziando con pacatezza e lucidità perché è necessario un cambiamento radicale: la cosiddetta «transizione agroecologica» tanto cara alla Commissione Europea. Questa passa anche attraverso l’approvazione del disegno di legge nazionale sul biologico, oggetto di una velenosa campagna di disinformazione. I denigratori dell’agricoltura biologica usano toni aggressivi ed argomenti basati su parte delle evidenze scientifiche, selezionate ad arte in modo che emergano i risultati che fanno comodo alle loro teorie. Per l’agricoltura biodinamica, poi, termini come «esoterismo», «stregoneria», «magia», «frode», «pseudoscienza» si sprecano, con linguaggio ed atteggiamenti più consoni ad un troll da social network che ad uno scienziato. Il risultato è quello di generare confusione piuttosto che fare chiarezza. Credo che nessuno dei denigratori abbia mai visitato un’azienda biodinamica (forse neppure una biologica) o abbia parlato con questi agricoltori. Qualsiasi persona dotata di una minima curiosità e non obnubilata dai propri dogmi – caratteristiche che dovrebbero far parte del Dna di ogni scienziato – sarebbe tornata a casa almeno con un sano dubbio. Non sulla liceità degli aspetti spirituali dell’antroposofia, che fanno parte – così come la religione – della sfera personale e sui quali la scienza non può e non deve intervenire, quanto sull’aderenza tra l’approccio sistemico dell’agricoltura biodinamica e i fondamenti della scienza ecologica e del paradigma dell’economia circolare.

In un’ottica di sostenibilità, l’approccio sistemico tipico dell’agricoltura biologica e biodinamica è assai più importante dell’esistenza o meno dell’effetto del cornoletame e degli altri preparati e meriterebbe – questo sì – una vera discussione scientifica in relazione all’approccio ipertecnologico e riduzionista che ad esso si contrappone. Nessuno, neppure Petrini, nega l’importanza che la rivoluzione verde ha avuto nel dopoguerra. Ma negare gli enormi danni che l’agricoltura industrializzata ha fatto al pianeta significa voler deliberatamente saltare a piè pari il dibattito sulla sostenibilità che ha caratterizzato la scienza degli ultimi 30 anni. È bene anche tener presente i limiti dell’approccio riduzionista nello studio di sistemi per definizione complessi quali quelli agricoli. Pettini ha ragione quando dice che non bisogna produrre di più ma meglio. Questo significa produrre con maggiore efficienza e minore impatto ambientale, ridurre la distanza tra luoghi di produzione e consumo, adottare diete più salutari, e favorire la ridistribuzione del cibo. Le stime sulla diminuzione della produzione per ettaro con l’agricoltura biologica variano tra l’8 e il 25%. Teniamo presente che negli ultimi 20 anni le produzioni di cibo su scala globale sono aumentate di circa il 50% per le coltivazioni, la carne e il latte e il 40% per il pesce, ma lo hanno fatto a discapito della quantità e qualità delle risorse naturali e con crescente impiego di concimi e pesticidi. Uno studio su Lancet ha evidenziato che, se reindirizzassimo le diete e i sistemi produttivi in senso sostenibile, ci sarebbe cibo sufficiente per oltre 10 miliardi di persone. Inoltre, potremmo ridurre di oltre il 20% i decessi per malattie legate a disordini alimentari, pari a circa 11 milioni di vite umane all’anno.

L’agroecologia, paradigma emergente a cui si rifanno anche le agricolture di tipo biologico, è riconosciuto come l’approccio più promettente per reindirizzare i sistemi agro-alimentari in senso sostenibile. Agroecologia significa utilizzare tecniche che valorizzano e proteggono le risorse naturali e la biodiversità, riducendo gli input per ottenere produzioni stabili e di elevata qualità, da sistemi diversificati resilienti ai cambiamenti climatici. Tutto questo è supportato da un crescente numero di evidenze scientifiche. Riguardo alla qualità dei prodotti biologici e al loro effetto sulla salute, esistono numerosi studi che ne mettono in luce gli effetti positivi. Batteri resistenti agli antibiotici sono stati isolati in misura maggiore nei prodotti convenzionali, ulteriore prova del fatto che l’enorme uso di antibiotici negli allevamenti è un serio fattore di rischio per la salute umana oltre a quello legato alle zoonosi. In genere i prodotti biologici hanno un maggior contenuto in vitamine, carotenoidi, antiossidanti e acidi grassi benefici e un minor contenuto in cadmio e micotossine. Il consumo di alimenti biologici ha numerosi effetti benefici sulla salute, come la minor incidenza di malattie cardiovascolari. Un articolo ha dimostrato come bastino sei giorni dal passaggio da dieta convenzionale a biologica per ridurre la concentrazione di pesticidi nelle urine tra il 37 e il 95%. […]

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FONTE


TESTATA: LA STAMPA
AUTORE: Paolo Barberi
DATA DI PUBBLICAZIONE: 18 giugno 2021