Periodicamente, in corrispondenza delle fasi cruciali per l’approvazione del disegno di legge nazionale sulla promozione dell’agricoltura biologica, riemergono le polemiche. Spesso, i denigratori del biologico usano toni aggressivi ed argomenti basati su una selezione parziale della bibliografia e su una visione incompleta e grossolana dei sistemi agro-alimentari. È quindi importante fare chiarezza, affinché i lettori possano farsi un’opinione sulla base delle migliori evidenze scientifiche, mettendo in luce anche gli aspetti incerti.

Il ruolo dello spreco di cibo

Recenti studi di modellistica a livello planetario pubblicati su Nature indicano che i valori di diminuzione della produzione per ettaro con l’adozione dell’agricoltura biologica sono stimabili tra l’8 e il 25%. È tanto o è poco? Per poter dare una risposta sensata, bisogna inquadrare il problema a livello dell’intero sistema agro-alimentare. È un dato di fatto che il sistema di tipo industrializzato attualmente dominante è insostenibile, perché ha un impatto negativo sull’ambiente e non è stato in grado né di alleviare il problema della fame nel mondo né di migliorare le condizioni economiche di gran parte degli agricoltori. Inoltre è causa di enormi sprechi di cibo: nei Paesi occidentali stiamo buttando via circa un terzo del cibo che produciamo. Questo, oltre ad essere eticamente inaccettabile, ha un costo elevatissimo in termini di impatto ambientale, diretto e indiretto. In un’ottica di sostenibilità, è meglio aumentare la quantità di cibo disponibile riducendo lo spreco alimentare, che produrre di più ignorando i problemi a valle della filiera.

Quindi, non bisogna produrre di più ma bisogna produrre meglio. Un importante studio, pubblicato sulla prestigiosa rivista medica The Lancet, ha evidenziato che se reindirizzassimo le diete e i sistemi produttivi in senso sostenibile, già adesso ci sarebbe cibo sufficiente per sfamare oltre 10 miliardi di persone. Inoltre, potremmo ridurre di oltre il 20% il numero di morti per malattie legate a disordini alimentari, pari a circa 11 milioni di vite umane all’anno.

Come aumentare la fertilità del suolo

L’agroecologia, paradigma emergente a cui si rifanno vari modelli produttivi tra cui l’agricoltura biologica, viene attualmente riconosciuto come l’approccio più promettente per reindirizzare i sistemi agro-alimentari verso la sostenibilità. Agroecologia significa produrre utilizzando tecniche che valorizzano le risorse naturali (suolo, energia solare, acqua, biodiversità) e le sinergie tra le componenti dell’agroecosistema (microrganismi, piante, animali), riducendo fortemente gli input per ottenere produzioni stabili e di elevata qualità, da sistemi diversificati resilienti ai cambiamenti climatici.

Tutte queste evidenze sono state puntualmente raccolte dalla Commissione Europea che, attraverso il Green Deal e le Strategie Farm to Fork e Biodiversity 2030, intende favorire la transizione agroecologica dei sistemi agro-alimentari nell’UE. Queste indicazioni programmatiche dovranno essere raccolte dagli Stati Membri attraverso le misure di sostegno della prossima Politica Agricola Comunitaria, applicate a scala nazionale e regionale. È bene ricordare che la Strategia Farm to Fork prevede che nel 2030 il 25% delle superfici agricole dell’UE siano coltivate con i metodi dell’agricoltura biologica; pertanto, l’approvazione della nuova legge italiana sul biologico capita proprio nel momento più opportuno.

Gli effetti sulla salute

I detrattori dell’agricoltura biologica sostengono che non esistano evidenze scientifiche che dimostrino la superiorità dei prodotti biologici su quelli convenzionali in termini di qualità ed effetto sulla salute umana: le cose non stanno esattamente così. Una rassegna bibliografica, pubblicata nel 2017 ha evidenziato una qualità migliore dei prodotti biologici per il maggior contenuto in vitamine, carotenoidi e sostanze antiossidanti (frutta, verdura e cereali) e in acidi grassi benefici (latte e carne), e per il minor contenuto in cadmio, residui di pesticidi e micotossine (cereali). Lo stesso studio ha poi evidenziato numerosi effetti benefici del consumo regolare di alimenti biologici sulla salute, come la minore incidenza di preeclampsia nelle donne in gravidanza, la maggiore quantità e migliore qualità dello sperma (interessante notare che si è osservato lo stesso effetto anche negli agricoltori biologici rispetto a quelli convenzionali) e la minor incidenza di malattie cardiovascolari. La gestione biologica dei terreni agricoli ha anche effetti positivi indiretti sulla salute, ad esempio aumentando la diversità dei microrganismi del suolo e la presenza di scarabei stercorari che, degradando o consumando le deiezioni dei suini, riducono la presenza di colibatteri patogeni per la specie umana. Questo è un bell’esempio del cosiddetto approccio “One Health”, cioè di come la salute ambientale, animale ed umana siano strettamente interconnesse.

40 mila custodi di piante a rischio estinzione

L’agricoltura biologica è uno straordinario volano per la crescita socio-economica e il recupero e la valorizzazione dei territori rurali, grazie alla loro attenzione alla riconnessione tra produttori e consumatori attraverso filiere locali. Inoltre, essendo uno dei settori trainanti dell’intero comparto agro-alimentare italiano con una crescita annuale dei consumi a due cifre, può ridurre il preoccupante fenomeno del consumo di suolo agricolo per altri usi (urbano, industriale, commerciale) e permette di rimettere a coltura terreni marginali o abbandonati.

Come si vede, numerosi fattori di ordine agronomico, ambientale e socio-economico ci suggeriscono che puntare sullo sviluppo dell’agricoltura biologica e dell’agroecologia è una scelta vincente per un Paese come il nostro che ha nella diversità e nelle eccellenze agro-alimentari due elementi fondanti. L’agroecologia e i sistemi che a essa si ispirano si basano su un elevato livello di conoscenza e di innovazione, anche tecnologica. Ecco perché è importante assecondarne lo sviluppo attraverso l’approvazione di una buona legge che permetterà al settore un ulteriore scatto in avanti, promuovendo la ricerca, la formazione e la creazione di reti di imprenditori e di conoscenze. Di tutto questo potranno beneficiare anche gli agricoltori e allevatori convenzionali, reindirizzando le loro attività verso modelli più virtuosi e sostenibili, come quelli della vera agricoltura “integrata”, che a tutt’oggi è minoritaria. […]

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FONTE


TESTATA: The Huffpost
AUTORE: Paolo Barberi
DATA DI PUBBLICAZIONE: 8 giugno 2021