Ammettiamo pure che i preparati biodinamici dileggiati dalla Cattaneo siano pura stregoneria. Che cosa accade in concreto nelle aziende agricole in cui vengono applicati? Quali danni producono alla terra? In realtà sia il corno letame, sia il compost da cumulo – le pratiche dominanti in biodinamica – vengono utilizzati per fertilizzare la terra, per iniziare il ciclo produttivo arricchendo il suolo di sostanza organica.
Che cosa avviene nelle aziende ad agricoltura industriale? Si sparge il concime chimico, poi si ara e si semina, più avanti, al primo spuntare delle piantine, si ricorre ai diserbanti, per impedire la crescita di erbe spontanee e infine, se insorgono malattie fungine o arrivano i parassiti, si ricorre ai fitofarmaci e ai pesticidi. La differenza di fondo fra le due agricolture sta tutta qui, con conseguenze enormi sul piano della qualità dei prodotti e della cura del suolo e dell’ambiente.
Ricordo che gli agricoltori biodinamici non si sono fermati a Rudolf Steiner e alle sue lezioni di Antroposofia, ma hanno tratto insegnamenti dagli studi scientifici sull’humus che in Germania sono fioriti per tutta la prima metà del ‘900. In un ambiente culturale fecondato dalla nascita della chimica agraria, lo studio del suolo è diventato il cuore della ricerca agronomica. L’agronomo che diede una base scientifica e sperimentale all’agricoltura biodinamica è stato Eherenfried Pfeiffer e il principio teorico di base più rilevante che ha elaborato è che “il terreno agricolo è un essere vivente” e che “la salute delle piante dipende dalla salute del terreno, dalla sua fertilità”. Un assunto cui ha ubbidito lavorando sul campo per produrre il compost, il fertilizzante naturale, realizzato attraverso la decomposizione controllata dei rifiuti organici. Una pratica millenaria poi arricchita di prove sperimentali e conoscenze scientifiche.
Pratica dei biodinamici è quella di un’agricoltura circolare, nella quale si cerca di limitare al minimo gli input esterni, conservando la base stessa della pratica agricola: la fertilità del suolo. Che cosa accade invece al suolo nell’agricoltura industriale? La prolungata concimazione chimica – a cui si sono aggiunti negli ultimi decenni i diserbanti – ha col tempo effetti a cascata di distruzione e degenerazione molteplici. Il terreno con gli anni si riempie di metalli pesanti, perde sostanza organica, diventa un habitat artificiale in cui le piante si ammalano facilmente rendendo necessario il ricorso ad altra chimica in fitofarmaci e pesticidi.
La qualità dei prodotti agricoli peggiora perché le radici non si nutrono più di sostanza organica con tutta la sua ricchezza e biodiversità di microflora e microfauna, ma dei sali minerali dei fertilizzanti. Naturalmente se il luogo dove si produce il cibo per gli uomini diventa così alterato, non solo si danneggiano le falde idriche, si uccidono uccelli ed insetti impollinatori, ma, la contaminazione del suolo per l’uso dei fertilizzanti chimici e i residui dei fitofarmaci “può entrare nella catena alimentare, minacciare la salute umana, risultare tossica per gli organismi viventi che vi dimorano”.
Il suolo, considerato dall’agricoltura industriale un mero supporto neutro, privato di sostanza organica, diventa soggetto a processi di erosione irreversibile. Oggi sappiamo che, dopo gli oceani, il suolo è il più grande deposito di carbonio del pianeta, che l’agricoltura industriale lo disperde nell’aria in forma di CO2, che con tutto il suo apparato produttivo, insieme agli allevamenti intensivi, è responsabile di almeno il 30% del riscaldamento globale.
La Cattaneo è esponente di una scienza vecchia, quella che ha guardato all’agricoltura come un settore produttivo qualunque, impegnato a produrre sempre di più a costi decrescenti, senza considerare che essa opera in un ecosistema, consuma risorse talora irriproducibili, inquina acqua, suolo e aria, altera il clima, danneggia il mondo vivente. Una nuova scienza oggi orienta l’agricoltura del futuro: l’agroecologia, una pratica economica consapevole degli equilibri naturali in cui opera e che guarda al cibo non come a una merce, una commodity industriale, ma come un bene comune. Non posso tacere che c’è poco di scientifico nell’imprudenza con cui la Cattaneo interviene su temi che non conosce. Quali sono i suoi studi in questo campo? Con quanta ingenuità la si applaude senza chiederle conto di qualche referenza scientifica. Io studio l’agricoltura e la sua storia da 40 anni e non mi sono mai sognato di aprir bocca sulle cellule staminali. […]