Dibattito sul bio a Vinitaly, parla la presidente Maria Grazia Mammuccini: “Meno burocrazia. E bisogna riuscire a collegare lo sforzo degli agricoltori in vigna alle esigenze del mercato: solo sensibilizzando i consumatori si può svoltare”

La vita è una questione di scelte. Che cambiano la direzione della nostra esistenza. E che hanno conseguenze, di cui bisogna esser pronti a prendersi le responsabilità. In un momento storico in cui la crisi climatica sta dominando le decisioni quotidiane, personali e politiche, tornare alla terra non è – e non può essere – solo uno slogan. Ecco allora che il dibattito che ruota intorno ai metodi di coltivazione agricoli, in particolare della vigna, diventa centrale. “Coltivare la vite in regime biologico fa bene all’ambiente e alla nostra salute. È per questo che dico: scegliete il regime biologico, ne va del nostro futuro”. L’appello arriva da Maria Grazia Mammuccini, presidente di Federbio, la federazione di riferimento delle aziende biologiche e biodinamiche, attiva dal 1992. La numero uno dell’associazione, nonché vignaiola toscana, interpellata dal Gusto, interviene così nel dibattito intorno al metodo di coltivazione della vigna.

Con una superficie vitata coltivata a biologico di 136.000 ettari – di cui 31mila in conversione – un’incidenza di circa il 20% sul totale della viticoltura nazionale (dati Osservatorio Uiv e Wine Monitor) e quasi 30mila operatori dedicati, l’Italia è uno dei Paesi nel mondo in cui produzione di uva e di vino biologico è un tema molto sentito. Tanto che, come sottolineano da Federbio, lo scorso anno rispetto al 2022 si è registrato un +6% di vigne coltivate con questo metodo. Criticità emergono quando si registrano i dati relativi alla produzione in cantina – circa la metà rispetto alla vigna, quindi un 10% del totale – e quando si analizzano i numeri del mercato, grande distribuzione e retail, dove il consumo, come emerge dai dati dell’Osservatorio Uiv, è di un po’ più dell’1%. Ciò non toglie, come sottolinea Mammuccini, che la tendenza sia in crescita, in particolare nel canale Horeca (hotel, ristorante e bar) dove la richiesta appare più importante. Un recente sondaggio tra consumatori di vino svolto per Federbio da Wine Monitor Nomisma, coordinato da Denis Pantini, mostra come un italiano su due sceglie vino biologico. In particolare, alla domanda: “Negli ultimi 12 mesi, le è mai capitato di vedere negli scaffali dei negozi in cui fa la spesa o in ristoranti/wine bar che frequenta vini biologici con in etichetta il seguente logo verde con la foglia?”, il 52% degli interpellati ha risposto “sì l’ho acquistato”, il 21% “Sì, ma non l’ho acquistato mentre il 27% “no, mai/non ci ho fatto caso”. Un sondaggio che se da un lato mostra la sensibilità del consumatore al tema, dall’altro rivela la necessità di intensificare l’informazione e la formazione, per sviluppare una maggiore consapevolezza in chi compra.

Qual è il quadro attuale della coltivazione biologica nel mondo del vino?

“Negli ultimi dieci anni c’è stata crescita notevolissima del vigneto bio, che è più che raddoppiata. Questa crescita si è realizzata da quando è entrato in vigore il relativo regolamento (203/2012, ndr). Nel 2012 infatti l’Ue ha normato anche l’aspetto enologico relativo alla coltivazione biologica, che si è aggiunto alla parte sul vigneto, che era già regolamentata. Il sostegno economico previsto (circa 700 euro a ettaro, ndr) ha sicuramente incentivato i produttori. Ma determinante è stato l’incremento della richiesta di mercato di vini bio. Nel 2013 i consumatori abituali di vino bio erano circa il 2%, oggi come emerso dal sondaggio Nomisma, uno su due acquista vino bio. I dati Uiv relativi a grande distribuzione e retail mostrano un basso interesse verso il vino, ma il canale privilegiato di questo tipo di prodotti è l’horeca, dove è difficile quantificare le richieste. Tuttavia, attraverso AssoBio, noi abbiamo condotto un lavoro di indagine sul canale Horeca da cui è emerso un interesse importante, soprattutto nei ristoranti e nelle enoteche. Il biologico dà identità ai piccoli e ai medi produttori, quelle stesse aziende che fanno dei vitigni autoctoni i propri punti di forza. Questa attenzione al territorio e all’ambiente rafforzano il nostro sistema Italia. Non dobbiamo delegittimarci tra grandi e piccoli, ma sostenere lo stesso sistema. E voglio ribadire che la crescita del biologico è dovuta al mercato e non ai contributi pubblici. Un esempio? In Lombardia il vigneto bio è il 18% del totale regionale, tutta la superfice agricola coltivata in biologico invece – quindi non solo vigna – è molto più bassa, si parla del 5,4%. La Franciacorta è stata determinante in questo risultato. E non credo che i vignaioli bresciani si siano convertiti al bio solo per avere il contributo pubblico in denaro: hanno risposto a una richiesta di mercato. Dai nostri approfondimenti emerge anche che il peso del bio sul totale export di vino (dato di fine 2022) è dell’8%; sull’export del food, invece, conta il 6%”. […]

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FONTE


TESTATA: la Repubblica
AUTORE: Lara Loreti
DATA DI PUBBLICAZIONE: 13 aprile 2024