La presidente di FederBio risponde alla provocazione del presidente dell’Oiv. E, poi, rilancia con una frecciatina a Lollobrigida: “Al G7 di Siracusa non siamo stati invitati”

Non sono andate giù lisce alla FederBio le dure prese di posizione e le critiche sul comparto del biologico del professor Luigi Moio, sul settimanale Tre Bicchieri di una settimana fa. Il produttore di vino campano, che attualmente è presidente dell’Oiv, l’Organizzazione internazionale della vigna e del vino, aveva sollevato dubbi sulla capacità del comparto di affrontare le sfide della crisi climatica, ma anche sui fondamenti scientifici del metodo di produzione, adottato in tutto il mondo e soprattutto in Italia, con un peso notevole in Europa. A rispondere punto per punto, sempre sulle pagine del Tre Bicchieri, è Maria Grazia Mammuccini, presidente della FederBio, la federazione italiana agricoltura biologica e biodinamica (aderente a Ifoam):

«Siamo rimasti sorpresi, perché dal presidente dell’Oiv ritengo inappropriato un attacco simile a una parte della viticoltura biologica e, inoltre, non mi sarei aspettata da Moio questo tipo di approccio». Come dire che da un uomo di scienza non ci si aspetta certo un intervento a gamba tesa, ma un «aiuto a superare i problemi».

Siete rimasti sorpresi dalle frasi sul biologico di un uomo di scienza come il professor Moio, nonché presidente dell’Oiv?

Si, molto. In primo luogo, per il metodo, perché da presidente di una istituzione come l’Oiv ritengo inappropriato un attacco ai produttori di vino biologico, che sono una parte importante del sistema vitivinicolo nazionale e internazionale. Trovo sbagliato un simile approccio nei confronti di territori e aziende che negli ultimi dieci anni hanno scelto di aderire al metodo biologico e che oggi rappresentano la punta avanzata della tecnologia vitivinicola. Inoltre, da un uomo di scienza, ci aspettiamo un atteggiamento diverso: se una parte di viticoltori incontra delle criticità nel proprio lavoro, si invochino linee di ricerca appropriate per superare tali criticità, ma senza fare un attacco simile contro chi quotidianamente fa degli sforzi per cercare di operare nel rispetto dell’ambiente. Un uomo di scienza dovrebbe aiutarci a superare i problemi.

Iniziamo dalle basi scientifiche del biologico. Moio sostiene che non ce ne siano. Come rispondete? E qual è stato, invece, il percorso che ha portato alle certificazioni biologiche?

È assolutamente il contrario. Il biologico possiede basi scientifiche e si ispira ai principi fondamentali dell’agronomia e all’approccio dell’agroecologia, intesa come evoluzione coerente dei buoni principi agronomici. Fare biologico ha, semmai, alla propria base un maggiore bisogno di conoscenza. Infatti, non avendo a disposizione dei prodotti che risolvono i problemi immediati, occorre conoscere a fondo gli ecosistemi, i parametri ambientali, etc. Quindi, per fare biologico c’è bisogno di un maggiore apporto della dimensione tecnico-scientifica. Il regolamento del bio, inoltre, chiarisce tutti gli aspetti che devono essere seguiti nel coltivare la vite. E tale approccio è legato alla cura della fertilità del suolo, all’eliminazione della chimica, alla biodiversità delle specie selvatiche e all’agro-biodiversità, intesa come valorizzazione delle varietà locali. Tutti questi sono fattori considerati strategici. Aggiungo che, proprio quando si parla di vini di territorio, sia la cura del suolo sia l’uso delle varietà di vitigni locali rappresentano degli elementi fondamentali e imprescindibili. In questo, la critica al bio mossa dal professor Moio è contraddittoria nel momento in cui egli parla di uso delle varietà locali per esaltare la biodiversità e l’identità dei vini, che non sono alto che principi guida proprio del settore biologico.

Altra affermazione forte riguarda i trattamenti biologici. Secondo Moio, non difenderebbero le piante, anzi le indebolirebbero. È davvero così?

(ride) Il fatto che ci siano fasi in cui sia più difficile affrontare la difesa del vigneto solo con il bio può avere anche una sua base di verità, ma che questo indebolisca le piante non è vero. Anzi, è esattamente il contrario. I prodotti sistemici sono in continua evoluzione appunto perché l’uso continuo di una molecola sviluppa resistenze. Rame e zolfo, invece, si usano da millenni e non hanno sviluppato nessuna resistenza. Sono prodotti di contatto che creano una barriera difensiva. Il rame, anzi, induce la resistenza nella pianta. Mi stupisco che il professor Moio dica queste cose. Noi, però, non vogliamo fermarci a rame e zolfo. In questi anni, abbiamo messo in campo induttori di resistenza che consentono un minore utilizzo di rame, che aiutano la naturale resistenza delle piante. E abbiamo contribuito ad aprire fronti innovativi nella ricerca agronomica, come quelli sui microrganismi del suolo, usati anche per realizzare prodotti a difesa delle viti o per il controllo delle erbe. A tali scoperte, per di più. sono interessati gli stessi produttori di agrofarmaci. Non dimentichiamo, poi, che la chimica di sintesi ha degli impatti su ambiente e salute umana. Quanti principi attivi sono stati vietati? Il professor Moio dice bene sul fatto che il consumo moderato di vino non fa male alla salute, ma è importante dire che, essendo il vino un prodotto voluttuario, a maggior ragione deve essere prodotto con meno chimica possibile. Ciò vale soprattutto sui vini di territorio che, se vogliono essere sostenibili, devono avere sempre meno residui. […]

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FONTE


TESTATA: Gambero Rosso
AUTORE: Gianluca Atzeni
DATA DI PUBBLICAZIONE: 25 settembre 2024