“Si sente parlare di carestia per il conflitto in Ucraina, ma in Europa i prodotti alimentari ci sono. Non vengono immessi sul mercato perché c’è attesa di aumento dei prezzi: sono fenomeni speculativi. Altra cosa è la situazione in Africa, dove si profila una drammatica carenza alimentare. È una situazione già difficile a cui si aggiunge un ulteriore fattore di rischio: che si utilizzi la crisi internazionale come pretesto per retrocedere, per bloccare il percorso della transizione ecologica in campo agricolo”. Il ministro delle Politiche agricole, Stefano Patuanelli, ha approfittato del convegno organizzato a Roma dalle associazioni del biologico (“Una risorsa strategica per uscire dalle crisi”) per anticipare le prossime mosse del settore. “Sta emergendo un problema legato a due visioni del modo di produrre cibo. Non vorrei si facesse strada l’idea di un futuro in cui ci alimentiamo tutti con le pillole. E non sto facendo una difesa del made in Italy e dei nostri interessi come Paese. In gioco c’è un tema più ampio: il rapporto tra cibo e democrazia. Spostare il potere dell’alimentazione nelle mani delle industrie che producono quelle pillole cambierebbe lo scenario globale. La nostra scommessa è dimostrare che si può produrre in maniera sostenibile cibo per nutrire tutti”.

Oggi, a livello globale, l’agricoltura è un sistema ancora poco verticalizzato: l’80% del cibo è prodotto da piccoli coltivatori, che in buona parte utilizzano metodi tradizionali. È un sistema inefficiente che potrebbe aumentare le rese attraverso un processo d’industrializzazione spinta come è già avvenuta in alcuni Paesi?

“Io voglio dare una risposta basata sui numeri”, replica Maria Grazia Mammuccini, presidente di FederBio. “La spinta ad aumentare gli input chimici della coltivazione ha portato alla corsa al prezzo sempre più basso degli alimenti, alla produzione di cibo di bassa qualità, alla compressione del reddito degli agricoltori. I contadini si sono impoveriti, un terzo del cibo prodotto viene buttato, oltre il 75% del suolo globale è già in qualche misura degradato secondo l’Atlante globale della desertificazione. Non è questa la via da percorrere: bisogna puntare su tecniche di coltivazione che frenino la crisi climatica, difendano la biodiversità, aiutino gli agricoltori, tutelino la fertilità dei suoli”.

Tra gli strumenti proposti dalle associazioni del bio per raggiungere la crescita del settore indicata dall’Unione Europea ci sono: sviluppo del marchio del bio made in Italy previsto dalla legge; crediti d’imposta per i costi di certificazione in modo abbattere i prezzi al consumatore; rilancio dei distretti biologici, sempre previsti dalla legge, per favorire la valorizzazione del territorio rurale a partire dalle aree interne e dalle aree naturali protette; ricerca, innovazione, formazione e consulenza per supportare gli agricoltori nella transizione al bio; impiego di prodotti bio nelle mense e negli ospedali; coltivazioni solo bio nelle aree naturali protette. […]

LEGGI TUTTO

FONTE


TESTATA: Huffpost
AUTORE: Antonio Cianciullo
DATA DI PUBBLICAZIONE: 11 maggio 2022