L’Italia detiene il primato per incidenza di superficie vitata biologica: il 19% sul totale della viticoltura e negli ultimi dieci anni i vigneti bio sono aumentati di oltre il 109%. Sostenibilità ambientale, tutela del paesaggio e crescita sociale e culturale delle campagne sono il fondamento del vino biologico che unisce al valore dell’identità territoriale delle denominazioni d’origine a quello del rispetto dell’ambiente, della biodiversità e della salute.
La viticoltura biologica ha quindi un ruolo centrale nella transizione ecologica, anche rispetto al contrasto al cambiamento climatico. Proprio la crisi climatica è una delle sfide più difficili per la viticoltura. Gelate tardive, siccità e temperature troppo alte stanno cambiando sempre di più la produzione vitivinicola. Di anno in anno, nel vigneto il germogliamento, la fioritura e quindi anche la vendemmia sono anticipate, con grandi difficoltà per le aziende
e con conseguenze sul piano enologico e della qualità dei vini. Gli scenari che si prefigurano per il contrasto e l’adattamento al cambiamento climatico vanno dallo spostamento dei territori di produzione all’uso di altre varietà, dai portainnesti adatti alla siccità e altro ancora.
Nell’immediato, la priorità per rafforzare la resilienza del vigneto, è restituire fertilità al suolo e incrementare la biodiversità, entrambi elementi fondanti delle produzioni bio. Per questo è indispensabile che ogni viticoltore approfondisca la conoscenza della propria terra, dei vigneti e di tutto il processo produttivo dal campo alla cantina per agire sulle specificità e sui punti critici con pratiche agronomiche ed enologiche innovative. Anche in viticoltura
occorre una visione olistica in grado di interpretare la complessità della natura puntando sulla resilienza dei sistemi agro ecologici, approccio che è alla base del metodo biologico e biodinamico.