Il mercato del biologico, in Italia, nel 2020 ha raggiunto i 6,9 miliardi di euro (dati Nomisma per Osservatorio Sana). Una quota che si ripartisce in tre grandi fette: l’export vale 2,6 miliardi, le vendite nei supermercati 2 miliardi e tutti gli altri canali 2,3 miliardi di euro. Sono alcuni dei dati presentati nel Rapporto Bio Bank 2020 che descrive l’andamento del settore, oltre a dare un panorama del mercato negli ultimi 10 anni.
“Seguo il mondo del biologico da quasi trent’anni e l’ho sempre visto crescere – dice Rosa Maria Bertino, co-fondatrice e autrice di Bio Bank – e penso che questa tendenza sia destinata a continuare. Le vendite nei supermercati in dieci anni sono quasi quadruplicate e nel 2014 hanno superato il giro d’affari dei negozi specializzati, mentre questi rimanevano pressoché costanti. Questo canale ha permesso la diffusione dei prodotti biologici presso nuove fasce di pubblico che difficilmente sarebbero entrate nei negozi specializzati e che hanno trovato un buon assortimento di alimenti bio a prezzi accessibili. Insomma il bio per tutti.”
Crescono gli acquisti e cresce l’indice di penetrazione: 88 famiglie su 100, nel periodo compreso fra agosto 2019 e agosto 2020, hanno acquistato almeno una volta prodotti a marchio bio, mentre erano 86 l’anno precedente e 69 cinque anni fa (dati Osservatorio Sana). Allo stesso tempo sono aumentate le aree dedicate a queste colture, arrivando a sfiorare i 2 milioni di ettari.
Per capire qual è l’interesse del mondo agricolo, quali sono le tendenze e le prospettive, abbiamo sentito Maria Grazia Mammuccini, presidente di FederBio. “L’interesse da parte dei consumatori è evidente, e l’Italia è un Paese vocato alle produzioni biologiche. Il Green deal europeo, con le strategie “Farm to fork” e “Biodiversità 2030”, si propone obiettivi molto ambiziosi, fra cui la riduzione del 50% dell’uso dei pesticidi e degli antibiotici negli allevamenti, entro il 2030; ma anche l’aumento fino a triplicarle delle superfici destinate all’agricoltura biologica, attualmente pari al 7,8% della superfice agricola utile, a livello comunitario. In questo quadro sarebbe lecito aspettarsi scelte importanti da parte del mondo politico per sostenere un settore fondamentale in cui l’Italia è all’avanguardia; fare veri passi avanti in direzione di un rinnovamento ecologico però pare molto faticoso. Tuttora non esiste un piano per la riduzione dei pesticidi e i documenti programmatici del Governo nell’ambito del Recovery Fund (Next Generation EU) non prevedono alcuna azione a sostegno del biologico.”
Il 13 gennaio è stata approvata la nuova legge sul biologico in Commissione Agricoltura al Senato, quindi, salvo sconvolgimenti politici, potrebbe essere approvata definitivamente entro primavera. Quali sono gli aspetti più interessanti di questa nuova legge? “Innanzitutto – precisa Mammuccini – prevede l’istituzione di un tavolo per creare un piano strategico sul biologico. Poi contempla investimenti su ricerca, formazione e informazione, necessari per mantenere una produzione di livello avanzato. Prevede l’istituzione del marchio “Made in Italy Bio” per valorizzare il lavoro degli agricoltori nazionali; la crescita dei consumi vista in questi anni, infatti, è dovuta in buona parte anche all’importazione. Un’altra innovazione importante è il riconoscimento dei Distretti biologici: organizzazioni territoriali in cui una pluralità di soggetti differenti, sia pubblici che privati, contribuisce allo sviluppo locale, partendo dai valori dell’agricoltura biologica. Sono iniziative già in atto (per esempio nel Cilento, in Val di Vara e nel Chianti classico) in cui si creano circoli virtuosi fra cittadini e agricoltori, con effetti positivi generalizzati. La nuova legge prevede anche la creazione di un piano sementiero, per garantire sementi adatte alle produzioni biologiche, – continua l’esperta – e la creazione di organizzazioni di operatori che permettano di coordinare al meglio il settore. Solo in questo modo sarà possibile dare ai consumatori quelle garanzie che si aspettano da un settore che viene scelto per una questione di cambiamento e di fiducia.”
Cosa pensa FederBio della nuova Pac (politica agricola comune), approvata in ottobre 2020? “Siamo critici, perché in questi mesi è emersa un’urgenza verso una transizione ecologica dell’agricoltura, in linea con gli obiettivi del Green deal. La nuova Pac prevede invece che le sovvenzioni saranno ancora per la maggior parte distribuite “a pioggia”, senza considerare la sintonia delle aziende con valori di tipo ecologico, ma semplicemente in base alla superficie. Da qui a giugno, attraverso la triangolazione tra Commissione, Consiglio e Parlamento Europeo, ci sarà un’ulteriore discussione e speriamo che possano essere introdotti criteri più stringenti. Siamo in una fase di cambiamento e se ci muoviamo nella direzione giusta possiamo avere risultati importanti. Il settore agroalimentare potrebbe avere un ruolo di primo piano per la ripresa di diverse aree del nostro Paese.” […]