In questo scenario così contrassegnato da fattori esogeni, non vanno certo ridimensionate le politiche green europee. Al contrario, è proprio questo il momento in cui serve spingere per accelerare la transizione ecologica e la conversione al biologico dei sistemi agricoli. La riduzione dei pesticidi è un elemento fondamentale per rendere i sistemi agricoli più sostenibili. Le sostanze chimiche di sintesi comportano effetti dannosi sia per la salute dell’uomo che per l’ambiente. Inoltre con la crisi attuale assistiamo all’impennarsi del costo di pesticidi e concimi chimici che rischia di strangolare le imprese agricole confermando ancora una volta il fallimento dell’agricoltura industriale non solo dal punto di vista ambientale, ma anche sul piano economico e sociale. Riteniamo quindi paradossale la decisione dell’Ue di posticipare, a data da destinarsi, la presentazione delle nuove direttive per ridurre del 50 per cento l’uso dei pesticidi entro il 2030, che era uno degli obiettivi al centro del Green Deal e in particolare delle strategie Farm to Fork e Biodiversità.

L’altro vero controsenso che rischia di pregiudicare gli ambiziosi obiettivi delle politiche green europee, è la decisione di mettere a coltura anche i terreni che secondo il regolamento della Pac dovevano essere destinati ad aree di interesse ecologico. E cosa ancora più inaccettabile è consentire di farlo in maniera intensiva, con l’uso di pesticidi e fertilizzanti di sintesi chimica. Una scelta del tutto inammissibile per le devastanti conseguenze ambientali che comporta, come la perdita di biodiversità e la contaminazione del suolo per decenni. Se proprio si devono mettere a coltura le terre destinate alla tutela della biodiversità per compensare la perdita di cereali e dare una risposta alla crisi alimentare, bisogna almeno farlo con il vincolo del metodo biologico. È proprio in un momento di crisi come quello attuale che diventa veramente importante che l’Europa continui a spingere per la transizione al biologico, senza lasciarsi tentare da chi vuole strumentalizzare la situazione emergenziale per mantenere i vecchi sistemi industriali che hanno prodotto la maggior parte dei problemi che stiamo cercando di risolvere. La risposta per l’autosufficienza alimentare non può che passare dal biologico.

Non utilizzando prodotti di sintesi chimica ed essendo basata sulla circolarità e sul riciclo dei materiali e della sostanza organica, la bioagricoltura è in grado di tutelare la fertilità del terreno, preservare gli ecosistemi e la biodiversità oltre a contrastare i cambiamenti climatici. Per quanto riguarda la discussa questione delle rese, è ormai scientificamente provato che nel medio e lungo periodo le rese colturali dell’agricoltura biologica, sono del tutto comparabili se non addirittura superiori a quelle dell’agricoltura convenzionale, che però per mantenere rendimenti elevati deve utilizzare ingenti quantitativi di fertilizzanti azotati, diserbanti e acqua. Una scelta concreta è dunque puntare sui distretti biologici e sulle filiere di prodotti bio fondate sul principio del giusto prezzo, le uniche in grado di valorizzare i territori garantendo un’equa remunerazione per gli agricoltori.

LEGGI TUTTO

FONTE


TESTATA: Il Manifesto
AUTORE: Maria Grazia Mammuccini
DATA DI PUBBLICAZIONE: 7 aprile 2022