Il ministro Bellanova firma il decreto sulle rotazioni. Un provvedimento atteso da tempo ma che, secondo le organizzazioni del settore, si presta comunque a qualche critica.
È stato firmato nei giorni scorsi da Teresa Bellanova, ministro per le politiche agricole il cosiddetto «decreto rotazioni», molto atteso dalle 79.000 aziende che producono secondo le regole dell’agricoltura Bio e che fa chiarezza su uno degli aspetti centrali del metodo biologico, quello degli avvicendamenti colturali. «Abbiamo accelerato l’emanazione del decreto per dare le giuste certezze agli agricoltori che devono pianificare la propria attività» ha detto Bellanova «considerata la complessità del tema, è stato infatti un provvedimento a lungo discusso con le Regioni e le rappresentanze del settore». Soddisfatta il ministro del lavoro fatto in sede di Conferenza Stato/Regioni dopo il contestato decreto del luglio del 2018 che, escludeva i sovesci dall’avvicendamento colturale.
«Un’altra stagione di semine con in vigore il precedente decreto sarebbe stata insostenibile per le aziende bio» afferma Cristina Micheloni, presidente Aiab del Friuli Venezia Giulia. «Bene anche il riconoscimento del ruolo dei sovesci nella rotazione colturale: sono uno strumento imprescindibile soprattutto nella nostra agricoltura biologica, molto specializzata e dove la zootecnia è raramente presente e di conseguenza scarseggiano sia il letame, sia le foraggere in rotazione».
«Ma equiparare il sovescio a sei mesi di maggese è difficile da sostenere sia dal punto di vista scientifico sia pratico ed è anacronistico» prosegue Micheloni. «Anche l’agricoltura convenzionale si sta interrogando su come tenere i terreni coperti per la maggior parte dell’anno per poter far fronte alle problematiche climatiche, di perdita di fertilità dei suoli e di scarsità d’acqua. Ciò inoltre spalanca le porte alla monocoltura cerealicola, quel modo di fare agricoltura che nello scorso secolo ha distrutto la fertilità dei suoli e, di conseguenza, la redditività delle aziende».
Anche per Daniele Fichera, coordinatore del Comitato tecnico e normativo di FederBio, il decreto definisce con maggior chiarezza il tema degli avvicendamenti colturali, sanando l’esclusione dal precedente decreto dei sovesci «a condizione che si utilizzi una coltura leguminosa, in purezza o in miscuglio, che deve permanere sul terreno fino alla fase fenologica di inizio fioritura prima di essere sovesciata e comunque per un periodo minimo di 90 giorni tra la semina della coltura da sovescio e la semina della coltura principale successiva». Secondo il comitato tecnico di FederBio ci sono però alcune lacune rispetto al testo condiviso nel giugno scorso con le organizzazioni di settore e d’impresa che fanno parte del Tavolo tecnico nazionale agricoltura biologica: «Non è chiaro, in particolare, perché sia obbligatorio l’inserimento di leguminose anche qualora lo schema di rotazione proposto dallo stesso decreto preveda già come coltura principale delle leguminose: per esempio tra due cicli di soia, o pisello proteico, sarebbe obbligatorio inserire almeno due cicli di colture principali di specie differenti, uno dei quali destinato a leguminosa. Per il maggese non è sempre chiaro quale può essere il suo inserimento nei diversi schemi di rotazione che necessariamente non possono tener conto della notevole varietà di condizioni agroecologiche, organizzative ed economiche delle aziende agricole biologiche in un Paese come l’Italia; oltre al fatto che il maggese “nudo” non rispecchia assolutamente i principi del bio e la necessità di mantenere il più possibile i terreni coperti di vegetazione». […]