È una fase decisiva per il biologico. Il settore è a due milioni di ettari coltivati, oltre 80 mila aziende, il 15,8% della superficie agricola è bio, pari al doppio della media europea. Il mercato negli ultimi dieci anni è cresciuto del 142%; ci troviamo di fronte a una vera e propria trasformazione del modo di produrre e consumare, determinato dalle scelte consapevoli verso prodotti che offrono garanzie per la salute, il rispetto dell’ambiente e che rispondono a principi di equità sociale. Le molteplici crisi, da quella ambientale a quella climatica fino a quella sanitaria, hanno reso più urgente e necessaria l’esigenza di cambiare il modello di produzione e consumo; l’agricoltura biologica rappresenta la punta avanzata della transizione più che mai essenziale.

Le strategie europee “Farm to Fork” e “Biodiversità 2030”, presentate a maggio 2020, pongono l’agricoltura biologica al centro di una trasformazione dei sistemi agricoli europei verso l’agroecologia, elemento chiave del Green Deal europeo. Puntano a triplicare le superfici agricole coltivate a biologico entro il 2030, a tagliare l’uso dei pesticidi del 50%, quello dei fertilizzanti del 20% e quello degli antibiotici del 50%.
Una vera e propria svolta delle politiche europee verso l’agroecologia di cui l’agricoltura biologica e biodinamica rappresentano le espressioni concrete più diffuse. Gli elementi fondamentali dell’agricoltura biologica sono la protezione e l’incremento della fertilità del suolo in cui si concentra il 90% della biodiversità del Pianeta. Un terreno degradato riduce la sua capacità di mantenere e immagazzinare carbonio innescando minacce globali.

Le pratiche agro-ecologiche favoriscono il sequestro del carbonio nel terreno, contrastano il cambiamento climatico e preservano la biodiversità sotterranea. Il concetto di biodiversità è un principio generale dell’agricoltura biologica: per questa ragione, ogni anello della catena di produzione dei prodotti è studiato per mantenere e, dove è possibile, incrementare la diversità delle piante e degli animali. Una metanalisi pubblicata a marzo 2020 che integra i dati di 98 studi, conferma che l’agricoltura biologica rappresenta una strategia efficace per combattere la perdita di biodiversità. La ricerca ha analizzato 474 aziende tra agricole convenzionali e biologiche: la diversità e l’abbondanza di specie complessive è risultata per il 58% più elevata nelle aziende agricole biologiche, in particolare le piante hanno fatto rilevare una presenza del 95% superiore nelle terre coltivate con metodo bio e del 21% maggiore nei margini dei campi.

La centralità della biodiversità per il biologico comprende anche le specie vegetali per la coltivazione e le razze animali per l’allevamento, utilizzando nei diversi territori le varietà più adatte alle specificità degli ecosistemi locali (agro-biodiversità). Con un approccio del genere, le conoscenze degli agricoltori e delle comunità rurali sono parte integrante del concetto di biodiversità. Nell’agricoltura biologica la figura dell’agricoltore ritorna a essere centrale rispetto all’agricoltura industriale che ne ha marginalizzato il ruolo mettendo al centro pacchetti tecnici predisposti dall’agrochimica. Nel biologico l’agricoltore deve conoscere bene la propria terra, il clima, le relazioni pianta-ambiente e impiegare le proprie competenze per rispettare la vocazione del territorio.

Il nostro Paese è un punto di riferimento a livello internazionale per la qualità dell’alimentazione, la valorizzazione della biodiversità e delle varietà locali; il biologico è il metodo di produzione più coerente per dare valore a questo modello. Servono scelte politiche coraggiose, all’altezza della situazione. Occorre approvare la legge sull’agricoltura biologica per promuovere i distretti biologici e le filiere di “Made in Italy Bio” utilizzando tutte le risorse a disposizione, dai fondi stanziati con la Finanziaria al Recovery Fund e al Piano d’azione europeo sul biologico. Serve una riforma della Pac coerente con gli obiettivi delle strategie “Farm to Fork” e “Biodiversità 2030”, per supportare tecnicamente le aziende, con investimenti strategici in ricerca, innovazione e formazione per arrivare al 40% di superficie bio entro il 2030, poiché si parte da una superficie doppia rispetto alla media europea.

La conversione al biologico è un’opportunità importante per il contrasto al cambiamento climatico e per frenare la perdita di biodiversità, ma al tempo stesso, rappresenta una possibilità concreta di sviluppo per i territori rurali e per l’occupazione dei giovani. […]

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FONTE


TESTATA: L’EcoFuturo Magazine
AUTORE: Redazione
DATA DI PUBBLICAZIONE:  Gennaio 2021